Con la scelta di mettere in
calendario il nuovo film di George Miller all'inizio del
festival e in una singolare corsa parallela rispetto al più
atteso dei maestri (Francis Ford Coppola in concorso), Cannes
esprime una dichiarazione d'intenti magari fortuita ma
esplicita: qui è di casa il cinema d'autore ma il grande
spettacolo va di pari passo. Da questo punto di vista Furiosa
mantiene tutte le attese con numeri così spettacolari e corse
così spericolate nel deserto da confermare a Miller il titolo di
"re degli stuntmen". In una saga che va avanti con successo dal
1979, si può dire che questo nuovo capitolo rientra nei
parametri del "revenge movie". La sua eccezionalità risiede nel
fatto che il vendicatore è una donna e nel suo riscatto c'è il
senso di una generazione che il regista ha colto in pieno anche
nella scelta dell'interprete.
Nel precedente "Fury Road" era Charlize Theron a incarnare
Furiosa. Questa volta il racconto fa un balzo all'indietro pur
rimanendo nella landa desolata e postatomica che di questi tempi
suo anche come un monito ai rischi della terra di domani.
Troviamo quindi Furiosa bambina a riparo nelle Terre Verdi dove
si conserva una comunità pacifica, finché una banda di scatenati
motociclisti in cerca di prede la rapisce per consegnarla come
schiava al crudele Signore della Guerra Dementus (un muscoloso
Chris Hemsworth). In schiavitù la bambina cresce sopportando
ogni tipo di angheria ma trova anche un Pretoriano capace di
addestrarla facendone alla fine una valorosa guerriera. E
quando, dopo aver attraversato la Desolazione, si tratta di
affrontare un altro tiranno, Immortan Joe, per poi regolare i
conti con Dementus, Furiosa è pronta.
"È stato naturale farsi guidare dal nome del personaggio nel
costruire la storia - ha raccontato George Miller - Non sapevo
che Furiosa venisse dall'italiano. Era il nome di una cavalla
azzoppata di cui mi parlò un amico ai tempi di "Fury Road". Così
mi venne l'idea di dare quel nome al personaggio di Charlize che
è fiera come un destriero ma ferita dentro, come se in lei
abitasse un antico dolore. La sceneggiatura di questo film nasce
da lì, in fondo l'avevamo già scritta nel 2015 perché era
necessario conoscere il vissuto di tutti i personaggi. Non siamo
andati avanti però finché non ho trovato l'attrice dell'età
giusta per raccontare questi prequel. Poi ho visto Anya in un
film ("Ultima notte a Soho"), ho capito che aveva la ferocia e
la dolcezza giusti e appena ne ho parlato al mio coproduttore
lui ha subito detto "Dai, è ora di farlo". Così ci siamo messi
all'opera. Il bello è che la saga di Mad Max è cominciata per
caso ma nella vita ormai è diventata un'ossessione che bussa
alla mia porta a intervalli regolari".
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