Dopo le dichiarazioni di Emma Stone
e il body horror della semi-esordiente Coralie Fargeat ("The
Substance") anche Noémie Merlant in veste di regista si unisce
al coro che fa del #Me Too l'ideale bandiera di quest'edizione.
Lo fa con un piglio sbarazzino e quasi goliardico che mischia la
commedia, il gore, le confessioni tra donne nella sua seconda
regia "Les femmes au balcon" presentato fuori concorso. Per
scriverlo si è avvalsa dei consigli e del supporto di Céline
Sciamma che l'ha resa celebre con "Ritratto della giovane in
fiamme", ma dopo un inizio fiammeggiante il suo film si perde un
po' tra chiacchiere confidenziali e riprese con camera a mano
che dovrebbero generare naturalezza e poi tensione ma rischiano
l'accademismo amatoriale. La trama si riassume in poche righe e
non ne va svelato il finale: tre donne si ritrovano nello stesso
appartamento in una calda serata estiva: si raccontano, si
confessano, fantasticano su un misterioso vicino che spiano con
sentimenti contraddittori. Tra ricordi e segreti non confessati
emerge uno stupro che scatena il desiderio di rivalsa di un
mondo al femminile che non accetta più di subire e tacere. Ma
quando tutto ciò si trasferisce dai ricordi al presente bisogna
prendere atto delle sue possibili conseguenze. "Les femmes au
balcon" è un diario onirico che intinge la penna nell'inchiostro
(rosso) della sopraffazione e della rivalsa ed è un bene che
l'autrice, anche protagonista, non si erga mai a guida dello
spettatore nel viaggio notturno delle sue compagne. Il cast,
assai affiatato, ricorda a volte il cinema sperimentale
americano degli anni '60 in cui era difficile distinguere tra la
finzione recitata e la verità delle voci sullo schermo. Menzione
d'onore quindi per Sanda Codreanu, Hannil Ghilas, e Annie
Mercier, ma per un soggetto così forte ci voleva magari una
guida più ferma nel dipanare la storia e i valori a cui Noémie
si richiama. (Ansa).
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