I requisiti per accedere alla discontinuità e alla pensione, il riconoscimento dei minimi di lavoro, la sperequazione tra figure professionali, tra uomini e donne, tra cinema e teatro, la pressione dell'intelligenza artificiale, la contrattazione, le strettoie del tax credit, le accuse di frammentazione: il mestiere dell'attore è a un bivio se non "a rischio estinzione". I professionisti del mestiere lanciano il warning in occasione degli Stati generali delle attrici e degli attori, una giornata di incontri tra gli interpreti professionisti, le istituzioni e la politica.
Un'adunata per chiamare gli attori alla partecipazione, ma anche per sfatare quel pregiudizio culturale dell'opinione pubblica nei confronti di questo mestiere: "ci credono bambini viziati, ma noi non abbiamo tutele, dalla malattia, alla maternità, la genitorialità, la disoccupazione e il 99% di noi non arriva a maturare una pensione, non abbiamo garanzie di lavoro" dice Raffaele Buranelli, presidente del Raai, il Registro degli attori italiani che ha organizzato la giornata di lavoro, dove hanno partecipato tanti professionisti e un po' meno le associazioni di rappresentanza del mestiere.
"Ma non c'è frammentazione tra di noi, questo è un concetto che viene usato strumentalmente dai nostri interlocutori per non darci ascolto" dice l'attore. E invece "siamo già in 2.500 e dobbiamo tornare a incontrarci anche con i produttori e con i politici: siamo necessari e non crediate che l'IA possa davvero sostituirci" esorta la vicepresidente del Raai, Monica Guerritore che lancia anche una battaglia per l'istituzione di un registro nazionale centralizzato che "smisti" sul territori il lavoro delle compagnie teatrali e quella per superare l'accordo con le scuole che affida agli attori amatoriali il compito di insegnare il teatro agli studenti. "La colpa è nostra, questa categoria non ha più dignità" protesta l'attrice che esprime un concetto risuonato spesso nelle parole dei suoi colleghi.
Molti giunti in presenza, altri collegati per una testimonianza: da Daniela Poggi, ad Alessio Boni con il baffo da Don Chisciotte a Cesare Bocci che lancia un appello all'unità a Leo Gullotta che sprona i colleghi a "svegliarci tutti".
Emanuela Grimalda dà voce alla questione femminile: "Dati alla mano è un fatto che esistono meno ruoli al femminile, che c'è una sperequazione sia a livello di reddito che di numero delle giornate lavorative. Una forbice che aumenta ancora di più dopo i 50 anni". Il dibattito è partecipato e non senza polemiche quello sfociato in un duro botta e risposta tra la segretaria nazionale della Slc Cgil, Sabina Di Marco, ed alcuni attori sul contratto nazionale: una "pietra miliare" per la prima, una "pietra tombale" per i secondi. Qualche spiraglio, però, si intravede. Il leader M5s Giuseppe Conte, in sala con anche i parlamentari del Pd, Francesco Verducci e Irene Manzi, promette di alzare la bandiera degli attori per una modifica del decreto sulla discontinuità. E alcune proposte interessanti arrivano da Michele Lo Foco, componente del Consiglio Superiore del Cinema: il ripristino della categoria del casting e l'obbligatorietà dei provini per la scelta degli attori sempre più oberati dalla richiesta di self-tape. Ma anche la proposta di introdurre una ripartizione di una quota del tax credit per i produttori tra gli attori. Altro nodo dolente per il finanziamento sono i distributori: andranno ai primi 20 tra quelli che hanno ottenuto negli ultimi due anni il maggior incasso di pubblico, "quindi sostanzialmente gli americani". Infine c'è il problema del controllo sulle spese, che non c'è, non si riesce a fare: "Il 55% della spesa è costituito da fatture false: io lo dico apertamente… Se ci fosse un controllo - spiega Lo Foco - verrebbe fuori..".
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