Holy Shoes è una gradevolissima commedia nera dell'esordiente Luigi Di Capua (uno dei componenti del trio comico The Pills insieme a Matteo Corradini e Luca Vecchi), che ha come protagonisti quattro personaggi la cui vita viene smossa, decantata o rovinata dal culto delle scarpe, simbolo e feticcio del potere degli oggetti su di noi. Nel film, fuori concorso nella sezione La prima volta al 41/o Torino Film Festival e in sala dal 4 luglio con Academy Two, troviamo così Luciana (Carla Signoris), una grigia signora sposata che dirotta totalmente la sua vita dopo aver incontrato per puro caso delle scarpe nere tacco dodici. E per la donna, che ha sempre portato ballerine, indossare quelle scarpe diventerà quella possibile vita che non ha mai vissuto.
C'è poi il quarantenne Bibbolino (Simone Liberati) che quelle scarpe le vende, un uomo separato, del tutto immaturo e figlio di un ingombrante generale. Infine, delle mitiche sneakers da mille euro sono protagoniste di due storie: quella di Filippetto (Raffaele Argesanu), un ragazzo di quattordici anni che ne regala un paio false alla sua bella, non senza tragiche conseguenze, e quella di una ragazza cinese che pensa che con il commercio delle fake potrà finalmente riscattare il sogno di andare a studiare negli Stati Uniti.
"Holy Shoes - spiega il regista - vuole raccontare uno degli aspetti più intriganti e potenti della società contemporanea: la tirannia del desiderio. Il desiderio di essere ciò che non siamo, il desiderio di possedere ciò che non abbiamo. Siamo tutte anime desideranti, e nella società dei consumi il desiderio è il motore che muove tutte le cose. Perché attraverso ciò che desideriamo si forma la nostra identità. Persi nella liquidità digitale, privi di modelli solidi, scambiamo le nostre identità con quelle degli altri, e i nostri stessi desideri sono forse quelli degli altri. La storia di Holy Shoes - continua Di Capua, che sta già lavorando al prossimo film, Argentario con al centro l'ambizione e la paura di fallire - è una storia universale perché vive all'interno dei codici del consumismo e della globalizzazione. Le vite dei suoi personaggi ruotano attorno a desideri figli del rapporto ambiguo, distorto, conturbante che gli esseri umani hanno sviluppato con gli oggetti, e in particolare con le scarpe, che più di tutti ne rappresentano un elemento parossistico. Dal dopoguerra in poi le scarpe sono lentamente diventate il feticcio che più di tutti si è allontanato dalla propria funzione primaria. Con l'esplosione del fenomeno delle sneakers, le Nike negli anni '80, abbiamo assistito ad una parabola esponenziale che ha trasformato la passione per le sneakers in un mercato da novantacinque miliardi di dollari".
Dice Simone Liberati del suo Bibbolino: "Interpreto il rampollo di una famiglia alto borghese romana con un padre importante. Sono un uomo debole, mai evoluto rispetto a una vita adulta, rappresento insomma quella debolezza che è un aspetto poco raccontato della mascolinità oggi". Infine, Isabella Briganti che nel film di Luigi Di Capua è Agnese: "È il personaggio che paga il prezzo più alto, una conduttrice tv che sta per accedere alla prima serata anche grazie a un amante potente che l'aiuta. Quando ormai arriva la conferma del programma, ha un incidente e le viene amputata una gamba, ma nel finale ha la sua resurrezione".
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