Il racconto in stop motion di un bambino, diventato orfano in circostanze traumatiche raccontata in La mia vita da zucchina, ha portato nel 2017 Claude Barras nella cinquina in gara per l'Oscar come miglior film d'animazione. Il cineasta svizzero usando sempre la stop motion, firma un per grandi e piccoli un'altra storia dalla profonda rilevanza sociale, legata all'allarme ambientale, unendo poesia e verità, in Sauvages. Il film, dopo il debutto a Cannes, è arrivato in Piazza Grande al Locarno Film Festival, dove il regista ha anche ricevuto il Locarno Kids Award La Mobiliare, dedicato alle personalità capaci di far arrivare il cinema agli spettatori più piccoli. Per portare loro temi complessi "non giro intorno alla questione e mostro la verità, lasciando ai bambini lo spazio per un proprio discorso e una propria riflessione - spiega all'ANSA il regista -. Espongo ogni argomento in maniera semplice, senza tacere, nell'affrontare un problema, le difficoltà ma al tempo stesso non presentandole come insormontabili". Figure di riferimento nella difesa della natura come Dian Fossey, Jane Goodall e l'antropologo attivista, scomparso misteriosamente, nel 2000, Bruno Manser che aveva dedicato il suo impegno a combattere deforestazione del Borneo, hanno ispirato la trama del film. Tutto inizia quando , proprio nel Borneo, la piccola Keria salva un cucciolo di orango, rimasto senza mamma, trovato nella piantagione di palme da olio dove lavora il padre. A casa di Keria arriva anche il cuginetto Selai, del popolo nomade dei Penan (che Manser aveva studiato e sostenuto, ndr) la cui famiglia è in prima linea contro le compagnie che vogliono portare avanti la deforestazione. I due bambini insieme al piccolo orango, chiamato Oshi, si uniranno, a modo loro, alla battaglia per salvare la foresta. Nella storia, "ci sono diverse tipologie di 'selvaggi' - osserva Barras -. Da una parte sono le persone pericolose e cattive del racconto, dall'altra le persone libere che non hanno frontiere. Siamo tutti dei selvaggi... siamo i selvaggi l'uno dell'altro". Per la cosceneggiatrice Nancy Huston "il verso elemento barbaro in questa storia è rappresentato dal capitalismo selvaggio che sta distruggendo la foresta, deturpando la Terra e causando un trasferimento forzato dei popoli indigeni e la perdita di tradizioni e saperi ancestrali. Per questo è importante che gli eroi del film siano un animale e due bambini, cioè gli eroi di domani, quelli di cui stiamo mettendo a rischio l'avvenire. La cosa meravigliosa è come Claude faccia comprendere la gravità delle nostre azioni, rispetto alle generazioni future". Nel realizzare film "abbiamo lavorato insieme ai Penan e alla fondazione Bruno Manser che fa un grande lavoro per sostenere la loro lotta e proteggere le loro tradizioni e la loro foresta - spiega il produttore Nicolas Burlet -. Hanno partecipato a tutte le fasi del film. Hanno letto la sceneggiatura, ci hanno fatto da consulenti e Claude è andato vivere con loro per alcune settimane nella foresta. Una rappresentanza dei Penan ha anche visitato il set in Svizzera dov'era era venuta in occasione di alcuni incontri politici. Per noi è stato uno dei momenti più emozionanti vedere come si divertissero con le scene che richiamavano la loro vita". I Penan che "finora hanno visto il film sono rimasti profondamente commossi nel vedere la loro cultura rappresentata in un film che vuole parlare a tutti e soprattutto ai più piccoli". I bambini - sottolinea Barras - si fanno delle domande su questi temi. Sanno che il nostro modo di vivere non va bene, che bisogna cambiare ma spesso vedono pure che i loro genitori fanno poco in questo senso. Magari il film potrà aiutare a creare un dialogo, un confronto su questi argomenti, e a individuare delle piccole cose che si possono cambiare nella vita quotidiana di una famiglia. Questa forse è la piccola missione di Sauvages".
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