Le piccole e medie società di produzione cinematografica sono preoccupate per i decreti sul tax credit in arrivo. Alla norma di deroga fiscale "andava fatto il tagliando", ma quello che è stato di recente approvato o in fase di approvazione presenta criticità forti su cui più voci, dalla Mostra del cinema di Venezia in avanti, si stanno esponendo, lanciando allarmi per la sostenibilità del settore.
"Ma non è tardi per migliorare e mi auguro che la porta del dialogo con le parti resti aperta", dice all'ANSA Gianluca Curti, presidente nazionale della sezione cinema audiovisivo di Cna (oltre che della storica Minerva Pictures) analizzando la discussa revisione del meccanismo del tax credit alla produzione cinematografica, uno dei temi caldi da affrontare per il nuovo ministro della Cultura Alessandro Giuli.
"Sarebbe saggio e utile reintrodurre dei cap, dei tetti di utilizzo del tax credit per azienda per anno, che originariamente erano previsti ma furono, anni fa, eliminati", dice Curti. Per il produttore e distributore, "è troppo alta la soglia del 40% di mezzi propri di cui ciascun produttore dovrebbe poter disporre per essere eleggibile, con un progetto, per il tax credit", che è una norma in deroga alla fiscalità generale. "Anche il meccanismo previsto dell'obbligo di un accordo di distribuzione con una delle prime 20 aziende di distribuzione cinematografica, per i film con prioritario sfruttamento cinematografico, è un meccanismo che - spiega Curti - non riteniamo corretto, perché limiterebbe la libertà di impresa di molti, giusto nel merito ma non nel metodo. Crediamo anche che l'obbligo previsto di giornate di programmazione in sala non sia ben calibrato nei numeri".
Altro punto da rivedere riguarda, per il presidente di Cna, "l'obbligo, per i film con costo fino a 1,5 milioni, di ottenere un selettivo per accedere al tax credit. Crediamo che non allineare i finanziamenti delle regioni e delle loro film commission, tra i finanziamenti che possano dare accesso al tax credit, sia una previsione che creerebbe molte difficoltà per le aziende medie, piccole, micro e start up nella loro libertà di fare impresa. Probabilmente sarebbe necessario creare due linee di finanziamento differenti, per grandezza economica e per tipologia di azienda, semplicemente perché, facendo un ragionamento semplice e diretto, non possono competere con le stesse regole e nello stesso campionato, aziende, o gruppi di aziende, che fatturano 100 o più milioni in Italia o centinaia di milioni o miliardi all'estero, con aziende che fatturano 1 milione".
Da un questionario tra le 1570 aziende iscritte a Cna cinema e audiovisivo, cui hanno risposto in 400, è venuto fuori che il 72% ritiene che qualora non si dovesse intervenire a sistemare certe rigidità nelle norme del tax credit, "finirebbe fuori mercato entro 12-24 mesi". I risultati sono stati affidati alla direzione cinema del ministero della Cultura.
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