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Adrien Brody vincitore del Golden Globe, 'Un onore raccontare gli immigrati'

Adrien Brody vincitore del Golden Globe, 'Un onore raccontare gli immigrati'

Per The Brutalist la corsa verso l'Oscar

LOS ANGELES, 06 gennaio 2025, 12:32

Lucia Magi

ANSACheck
Golden Globes, i premi a The Brutalist e Emilia Perez - RIPRODUZIONE RISERVATA

Golden Globes, i premi a The Brutalist e Emilia Perez - RIPRODUZIONE RISERVATA

 Nel 2003, a 29 anni e 11 mesi, Adrien Brody ha fatto storia diventando l'attore più giovane a vincere l'Oscar come miglior protagonista per Il Pianista di Roman Polanski. La serata dei Golden Globe gli ha dato nuovamente ragione, ma anche a Brady Corbet, premiato per la regia di The Brutalist assieme al protagonista Adrian Brody, già Leone d'Argento a Venezia e tra i favoriti per la notte delle stelle. La volata verso il 2 marzo è iniziata per Brody, che ha sollevato il Golden Globe.


    Nel dramma di 3 ore e 35 minuti (con tanto di intervallo), girato in 70 mm e accompagnato dalle musiche di Daniel Blumberg, Brody interpreta László Tóth, un architetto ebreo ungherese che sopravvive all'Olocausto fuggendo negli Stati Uniti. Qui costruisce palazzine, fino a quando un ricco quanto ottuso magnate, interpretato da Guy Pearce, gli propone una commissione che gli cambierà la vita.
    "Raccontare l'esperienza degli immigrati è un grande onore per me. Anche mia madre, la fotografa Sylvia Plachy, è emigrata negli Stati Uniti negli anni '50. Lei e i suoi genitori fuggirono da Budapest durante la rivoluzione ungherese e si trasferirono a New York per ricominciare da zero. Questo viaggio di resilienza, speranza e sacrificio è la storia della mia famiglia. E io sono qui, ben radicato e saldo, grazie ai loro sforzi e agli ostacoli che hanno superato", ha detto l'attore durante una conferenza stampa organizzata dalla Critics Choice association a Los Angeles.

    Il László Tóth del film è un personaggio di fantasia (anche se ha omonimi davvero esistiti, come il geologo ungherese che nel 1972 vandalizzò la Pietà di Michelangelo a San Pietro). "Il motivo per cui Corbet e Mona Fastvold, sua moglie e co-sceneggiatrice, hanno dovuto inventare un personaggio del genere, è che molti creativi sono stati uccisi, mentre molti di quelli che riuscirono a mettersi in salvo in America sono rimasti anonimi", argomenta l'attore diventato famoso a fine anni '90 con Summer of Sam di Spike Lee e La sottile linea rossa di Terrence Malick. La corrente architettonica che dà il titolo al film è stata "trapiantata" negli Stati Uniti proprio da chi fuggiva dall'Europa dopo la seconda guerra mondiale: "Erano edifici che imploravano di essere visti, ma le persone che li realizzavano spesso lottavano per il proprio diritto di esistere".

    Ecco perché la storia di questo architetto e della sua arte diventa simbolo della complessità del sogno americano: "Nonostante l'assimilazione, nonostante il loro contributo, gli immigrati venivano trattati come estranei. È già terribilmente doloroso lasciare le proprie radici e ricominciare altrove.
    Figuriamoci la sensazione di non essere nessuno e di non essere all'altezza", riflette Brody, che continua: "Credo che la bellezza del cinema sia proprio questa: ci fa sedere tutti insieme in una stanza buia, ricordandoci che dobbiamo essere vigili e non permettere più intolleranza e oppressione". 

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