(di Armando Petretta)
MAX DE FRANCESCO 'TROPICO DELLA
SPIGOLA' (IUPPITER EDIZIONI, 212 pp., euro 15,00).
Nel suo nuovo libro, 'Tropico della spigola', Max De Francesco
"attraversa il Sud" e la galleria dei suoi eroi noti e ignoti,
in un gioco di narrazioni fulminanti e terapeutica ironia.
'Tropico della spigola' è un viaggio per lettori forti nella
geografia dell'anima, un attraversamento in quel suo emisfero
sentimentale dove esplora ricordi, aggiorna l'inventario delle
visioni, decifra avvenimenti privati e pubblici, apre la casa
delle piccole cose e rinnova il patto con la cosiddetta
"letteratura bastarda", nel solco della tradizione dei prosatori
come Flaiano, Manganelli, Buzzati, Ridolfi, Zavattini, Longanesi
non imprigionati nell'architettura chiusa del romanzo,
giornalisti-scrittori e scrittori-giornalisti, sperimentatori
accaniti di più generi letterari.
Il "Tropico" di De Francesco è soprattutto uno scrigno di
scrittura e scritture. Un'opera di trame sottotraccia, di
rimandi onirici e trovate linguistiche, un arabesco musicale di
racconti, apologhi, elzeviri e riflessioni che narra destini
all'ultimo giro, nostalgie ritrovate, confessioni meritevoli di
essere fermate e catalogate.
Quattro sono le sezioni in cui è suddivisa questa
raffigurazione corale: "Napoli artificiale", dove l'autore
mostra come la città, sempre più "baraccone di meraviglie",
continui a professare la fede nell'artificio, inteso come
tendenza a espedienti, nobili e meno nobili, per sopravvivere e
fuga pirica per comunicare non solo allegria; "Sud River",
pagine di spietato amore per un Mezzogiorno sospeso nella
controra, destinato all'estinzione tra borghi lunari e pietre
solenni, privo di classe dirigente e affamato dei "numeri dieci
di una volta che inventavano spazi e recuperavano sogni"; "Tipi
e intercalari", rassegna ispirata ai Caratteri di Teofrasto, con
storie di stilisti della metafora, maestri di calembour e
affabulanti doppiogiochisti della parola; "Ultimo cartaceo",
sezione finale con il racconto "Occhio di carta", ovvero la
cronaca dell'ultima riunione di redazione dell'ultimo giornale
cartaceo del pianeta in una Napoli del 2032, elogio supremo dei
giornalisti liberi dalla dittatura dell'algoritmo, che per
continuare a essere liberi sono costretti alla clandestinità.
Con il susseguirsi di pagine "a sorpresa" e la conoscenza di
personaggi, animali, luoghi e cose, ci si accorge di quanto
possa parlare al cuore e stimoli la moltiplicazione dei punti di
vista la galleria di miti e riti raccontata dall'autore con
rabbia garbata e spericolata malinconia. E così, oltre a Massimo
Troisi e alla sua "ciclosofia", a Bud Spencer e al suo pugno "a
martello", a Giancarlo Siani e alla sua astronave verde, è
possibile incontrare alberi parlanti pronti a sfidare le
brutture del progresso; proiettili vaganti che scrivono lettere
per spiegare il male; scarafaggi tenaci come Frank, agitatore
del sottosuolo partenopeo e rivoluzionario mancato; i lontani
poeti dei balconi che spalancavano saggezza dalle ringhiere;
mandolinisti in dissolvenza come Antonio 'o Gioiello che sembra
uscito dai boschi incantati di Tolkien.
"Alla fine - afferma De Francesco nella nota introduttiva -
si scrive anche per questo: abbracciare e animare l'invisibile
per rendere più sopportabile l'esistente".
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