(di Adam Hanzelewicz)
Una piccola storia può diventare
una grande storia, così come un saggio accurato dal punto di
vista scientifico può diventare narrativa senza indulgere alle
facili suggestioni del romanzo, pur avendone lo stile. "Il
partigiano americano. Una storia antieroica della Resistenza"
(Ianieri Edizioni, 304 pagine, 17 euro) è un accurato lavoro di
ricostruzione della breve esistenza di Renato Berardinucci
(Philadelphia 1921 - Arischia, L'Aquila 1944), medaglia d'oro al
valor militare alla memoria e figura destinata a sparire nel
nulla se non fosse stata ripescata dall'oblio dallo storico di
profilo internazionale Marco Patricelli. Il volume, in tutte le
librerie dal 10 dicembre, si pone con piacevole originalità
nella saggistica storica, con la pregevole e armonica opera di
sintesi tra memoria orale e fonti documentali.
Attorno al giovane partigiano nato negli Stati Uniti da
genitori abruzzesi scorrono i grandi temi dell'emigrazione,
dell'identità nazionale nel meltin' pot a stelle e strisce,
della percezione della patria lontana attraverso i successi del
fascismo, dell'impatto con la terra d'origine, del dramma della
guerra e della sconfitta e infine della scelta della Resistenza.
Berardinucci vede l'Italia per la prima volta nel 1939 perché la
madre Antonietta vuole che la sua formazione al College di
Philadelphia sia completata dalla cultura classica, ma
soprattutto perché pensa che grazie alla doppia cittadinanza suo
figlio non sarà chiamato alle armi né negli Usa né nel Paese
d'origine. A Pescara scopre un mondo diverso da quello da cui
proviene, in uno choc culturale che diventa rivelazione e
disillusione quando si lega d'amicizia con Hans Lichtner, lo
studente più bravo del Liceo "Gabriele d'Annunzio", un ebreo
viennese che ha lasciato l'Austria dopo l'Anschluss di Hitler.
Lui gli apre gli occhi sul regime, sul nazismo, sulle leggi
razziali. Lichtner, pur ebreo, è protetto dal prefetto (e in
seguito capo della Polizia) Renzo Chierici per interessamento di
Italo Balbo, che il giovanissimo Berardinucci da Philadelphia
aveva ammirato come trasvolatore atlantico.
Dopo il devastante bombardamento di Pescara e l'armistizio
dell'8 settembre 1943 Renato e la madre Antonietta riparano a
Picciano, dove ci sono i parenti. Qui l'americano crea una banda
partigiana con giovani coetanei. Lui intanto tiene i contatti
con i paracadutisti alleati che vengono lanciati dietro alla
Linea Gustav. Poi passa all'azione, con atti di sabotaggio, la
beffa dell'armeria di Penne e una sparatoria nella quale uccide
a colpi di pistola un ufficiale tedesco.
Nelle pagine dell'accurata ricostruzione di Patricelli, che
per la struttura del libro ha adoperato un inedito schema
musicale ispirato al contrappunto (lo storico è anche pianista e
compositore), scorre il microcosmo parallelo della provincia
nella provincia, dove tutto è più sfumato, anche tra occupanti e
occupati, come negli episodi che riguardano il capitano della
Wehrmacht Koenig, professore di latino a Lipsia, e la Pasqua di
pace del 1944, preludio alla liberazione. Di lì a poco Renato,
tradito da una spia fascista, sarà fucilato al cimitero di
Arischia da un plotone d'esecuzione tedesco, davanti agli occhi
della madre impazzita dal dolore e percossa selvaggiamente dai
soldati.
"Il partigiano americano" si apre nel 1957, quando il padre
di Berardinucci, Vincenzo, che ha visto il figlio per l'ultima
volta nel 1940, torna in Italia da New York per ricevere dal
presidente della Repubblica Gronchi la medaglia d'oro al valor
militare alla memoria, ma soprattutto per vendicarsi della spia
che ha consegnato Renato al suo destino. Una storia bella e
drammatica per raccontare un episodio finora inedito della
Resistenza, grazie a un lungo e meticoloso lavoro sulla memoria
orale dei compagni di Berardinucci, i conoscenti e i testimoni
dei fatti narrati. Quasi un romanzo epico, dove tutto, però, è
vero, e in cui l'umanità dei personaggi tiene ben lontana ogni
condiscendenza alla retorica.
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