ELISABETTA VILLAGGIO, FANTOZZI DIETRO
LE QUINTE, BALDINI-CASTOLDI (16 EURO)
"Per tutti era il personaggio famoso, l'attore, il comico, lo
scrittore, ma soprattutto Fantozzi che anche i bambini sanno chi
è. Per me è sempre stato e rimane mio padre". Recita così la
retrocopertina del nuovo libro della figlia di Paolo Villaggio,
Elisabetta, dal titolo "Fantozzi dietro le quinte. Oltre la
maschera. La vita (vera) di Paolo Villaggio".
Il volume, in libreria dal 30 settembre (Baldini+Castoldi, 16
euro), è un "memoir privato e un racconto corale", come lo
definisce la stessa autrice, sulla vita di Paolo Villaggio,
prima come padre e poi come interprete di uno dei più celebri
personaggi della commedia italiana, il ragionier Ugo Fantozzi.
La figlia Elisabetta ricorda vita e carriera del papà,
dall'infanzia a Genova alle sere d'estate a Boccadasse,
dall'amore vero incontrato a vent'anni al suo debole per Buñuel,
senza dimenticare la gavetta romana - cominciata in uno
scantinato umido a Trastevere e culminata con Federico Fellini -
e l'amicizia con Fabrizio De André. E poi l'ansia congenita, il
cibo come atto di sfogo, il ritiro, la malattia.
"Questa è la storia di 'uno che la felicità l'ha quasi
perseguitata' e che, quando se n'è andato, l'ha fatto tra gli
applausi. Tra novantadue minuti di applausi, s'intende", si
legge nella quarta di copertina. Il libro, pieno di curiosità e
aneddoti pubblici e privati del Villaggio attore e padre di
famiglia, regala anche alcune foto-simbolo, come quella in
compagnia di Mike Tyson o quella delle vacanze insieme con la
moglie.
"Mio padre era molto diverso dal personaggio che ha inventato
- spiega Elisabetta Villaggio - Fantozzi era il tipico sfigato
con un lavoro noioso e che non amava mentre mio padre nel campo
lavorativo era più che realizzato. Tuttavia aveva alcune
caratteristiche di Fantozzi: era totalmente incapace di
manualità. Non era in grado di mettere un chiodo nel muro, non
capiva nulla di tecnologia o di motori. Credo che non abbia mai
cambiato una ruota bucata e comunque non ne sarebbe stato in
grado. Era affascinato dal computer ma non riusciva neanche ad
avvicinarcisi e anche prima scriveva solo a manao perché non
sapeva usare la macchina da scrivere. Inoltre prima di usare i
suoi "camicioni" anche lui ogni tanto si metteva i pantaloni
ascellari. Però aveva anche in comune con Fantozzi la tenacia:
entrambi non mollavano mai la presa, entrambi non si davano mai
per sconfitti".
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