(di Marzia Apice)
DANIELA BIANCO/FILIPPO COSMELLI, IL
TESORO INVISIBILE. VIAGGIO NELL'ARTE CUSTODITA NEI DEPOSITI DEI
MUSEI ITALIANI (UTET, pp.208, 22 euro). La lettera su pergamena
che condusse di fatto allo scisma di Enrico VIII, custodita
nell'Archivio apostolico vaticano, con cui il re chiedeva al
papa Clemente VII di annullare il matrimonio contratto con
Caterina d'Aragona. Gli incredibili gioielli dell'antica
Oplontis, completamente cancellata dell'eruzione del Vesuvio,
custoditi in una cassaforte nei depositi della Casa di Bacco al
parco archeologico di Pompei, e giunti a noi dal I secolo d.C..
O ancora, due paia di calcagnini straordinariamente alti (44 e
52 centimetri), calzature eccentriche della metà del XV secolo
capaci di trasformare chi le indossava in opere d'arte viventi,
realizzate in cuoio traforato e legno, tuttora conservate nelle
soffitte di Palazzo Mocenigo a Venezia. E' l'emozione della
scoperta, come quando con una chiave si ha l'opportunità di
schiudere un lucchetto o spalancare una porta per ammirare
qualcosa di segreto e normalmente inaccessibile, a guidare il
lavoro appassionato di Daniela Bianco e Filippo Cosmelli,
architetta lei e storico dell'arte lui, dal 2006 impegnati a far
conoscere le bellezze più nascoste e originali del nostro
patrimonio storico-artistico. Fondatori di If Experience,
società che offre esperienze esclusive legate al mondo dell'arte
e del luxury leisure, i due professionisti, in coppia anche
nella vita, hanno raccontato parte del proprio lavoro nelle
pagine de "Il tesoro invisibile", libro edito da Utet nel quale
svelano le incredibili ricchezze per lo più dimenticate che sono
conservate nei depositi dei musei italiani. In una sorta di
Grand Tour del tutto eccezionale, gli autori conducono il
lettore in un viaggio sorprendente, ricchissimo di curiosità
oltre che di dettagli e informazioni storiche, per condividere
quella che probabilmente è la più grande collezione d'arte mai
vista perché appunto celata dentro spazi in cui il tempo sembra
essere sospeso, come archivi riservati, caveaux, depositi e
soffitte. Da Roma a Venezia, da Taranto a Vicenza, da Pompei a
Milano, sono 12 le tappe di questa esperienza "su carta" che
permette di muoversi tra le epoche più diverse e che riflette
quello che Bianco e Cosmelli fanno quotidianamente, ossia
garantire lo stupore di un incontro ravvicinato con i tesori più
invisibili dei luoghi di cultura. "Il progetto del libro è nato
in piena pandemia, dopo l'esperienza del format Beauty in
Storage realizzato per Vogue Italia nel quale abbiamo raccontato
le opere in lockdown permanente dentro i depositi nei musei. Il
nostro approccio non è assolutamente polemico nei confronti
delle istituzioni perché sappiamo quanto sia difficile
conservare il patrimonio artistico; crediamo però che sia
importante combattere l'oblio, che è il peggiore dei vandali",
spiega all'ANSA Filippo Cosmelli, "Nel libro abbiamo fatto una
selezione estremamente personale, per dare visibilità a oggetti
che non rientrano proprio tra quelli più celebrati nella storia
dell'arte: sono in un certo senso figli minori, accanto ai quali
comunque abbiamo lasciato anche grandi opere come l'Uomo
vitruviano di Leonardo". Come si racconta la bellezza? "Dalla
nostra esperienza abbiamo visto che tutti sono sensibili alla
bellezza se la si racconta nel modo giusto", prosegue, "se c'è
una spinta di curiosità ad andare oltre allora si è già nella
predisposizione giusta. E poi è importante dare attenzione anche
alla scenografia, tra porte e cassetti che si aprono e luci che
si accendono, per costruire la giusta atmosfera". Nel vostro
lavoro aprite luoghi inaccessibili e offrite esperienze su
misura per i clienti: in molti sono diffidenti nei confronti di
questo approccio alla cultura. "A volte alcune istituzioni hanno
rifiutato di lavorare con noi dicendo che 'è meglio per nessuno
che per pochi'. Eppure la chiave è diversificare il più
possibile la fruizione culturale: va promosso il patrimonio
diffuso, altrimenti tutti andranno sempre e solo al Colosseo e
al Vaticano. Così si possono interessare molte più persone",
afferma Daniela Bianco, "la barriera del privato che finanzia il
patrimonio pubblico si è infranta da poco. Noi stessi siamo
mecenati e siamo convinti che se dare soldi serve a conservare e
a garantire più aperture dei luoghi di cultura allora ben
venga".
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