LUCIE AZEMA, DONNE IN VIAGGIO. STORIE
E ITINERARI DI EMANCIPAZIONE (Tlon, pp.256, 18 euro). Jeanne
Barret (1740-1807), prima donna ad aver fatto il giro del mondo,
si finse marinaio per far parte dell'equipaggio dell'esploratore
Louis-Antoine de Bougainville; Alexandra David-Néel (1868-1969)
si travestì da mendicante per entrare a Lhasa, capitale del
Tibet, vietata agli stranieri; la giornalista americana Nellie
Bly (1864-1922), che circumnavigò il globo in 72 giorni nel
1890; l'oceanografa e fotografa Anita Conti (1899-1997), prima
donna francese a salire a bordo di una nave militare nel 1939.
Sono solo alcune delle grandi esploratrici del passato al centro
de "Donne in viaggio", saggio della scrittrice e giornalista
francese Lucie Azema, edito da Tlon e in libreria dal 29 giugno.
Il libro non è un elenco di viaggiatrici, ma vuole proporsi come
una riflessione sulla letteratura di viaggio, che più di ogni
altra ha rappresentato una "fabbrica di mascolinità". Attraverso
il racconto di donne che, contro le convenzioni del loro tempo,
hanno scelto di essere libere rifiutando i "doveri" legati al
loro genere, il libro denuncia la visione maschile
dell'avventura, svelando come per secoli i viaggi delle donne
siano stati contrastati, resi invisibili, ridicolizzati o
proibiti. Il volume sistematizza gli scritti delle protagoniste
inserendoli in una riflessione femminista più globale e pone
l'accento anche sulla tensione tra viaggio e maternità
(desiderata e non), mostrando come ancora oggi il viaggio delle
donne sia difficile e pieno di implicazioni. "Occupare il posto
che avremmo preso facilmente se fossimo stati uomini: ecco
l'obiettivo di un approccio femminista al viaggio", scrive
l'autrice, "Imparare ad abitare il proprio mondo, le proprie
frontiere, poi alimentare il desiderio di occupare lo spazio al
di là di quei limiti intimi grazie a tutto ciò che ne abbiamo
attinto: ecco come".
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