(di Elisabetta Stefanelli)
SIMONA NUVOLARI, UNA LOTTA IMPARI
(Rizzoli, pag. 503, euro 20,00).
Un romanzo, per raccontare una donna e le sue ossessioni, una
lotta impari contro i pensieri che ci travolgono e che diventano
più forte di qualunque dato reale, più veri del vero. Qui Marta
è travolta dalla follia della pulizia e del disinfettare: una
cosa in cui ci ha improvvisamente catapultato la pandemia, e di
una epidemia parla alla fine anche il romanzo, quanto peso ha
avuto questa esperienza per lei? ''Quando è scoppiata la
pandemia - ci risponde Simona Nuvolari, che con questo romanzo
segna il suo esordio nella narrativa - il romanzo era appena
finito. Come autrice ho capito che quello che stava succedendo
era una svolta nella vita della protagonista e non poteva
mancare nel racconto. Da qui è nato l'epilogo del romanzo,
appunto la cronaca dei primi mesi di Covid, come li vive Marta
che da anni sopportava in solitudine l'ansia di pulire e
disinfettare il suo spazietto vitale, e che quindi ha passato
tutta la vita, in un certo senso ad allenarsi per un caso del
genere, senza mai crederci veramente. L'arrivo del Covid cambia
tutto. Nell'epilogo lei racconta i suoi stati d'animo nel vedere
che improvvisamente tutti condividono i suoi scrupoli igienici.
Non voglio anticipare questi stati d'animo, dico solo che per
lei la sorpresa è grande, mai avrebbe pensato di trovarsi in un
caso del genere, perché chi ha la compulsione di pulire, anche
se non riesce a farne a meno, pensa che in realtà non sarebbe
necessario e che hanno piuttosto ragione gli altri. Ora però si
trova in una situazione in cui il pericolo è reale, e
disinfettare è necessario, non è un comportamento nevrotico.
Insomma quest'esperienza costituisce una svolta inattesa e apre
addirittura a Marta una possibile via d'uscita - che però resta
aperta, non sappiamo come andrà a finire - la possibilità per
lei di riagganciarsi al comportamento comune e di uscire dalla
sua "follìa" individuale insieme agli altri, quando ne usciranno
tutti''.
Lo sporco e il disordine sono due elementi che indubbiamente
stanno travolgendo la nostra società e la lotta per il futuro è
cercarne rimedio…il suo romanzo vuole essere una metafora
politico-ecologica? ''Non è una metafora perché è la storia di
una persona in carne ed ossa alle prese con persone vere e con
la propria concreta e irripetibile esistenza. Ma proprio
l'esperienza vissuta la porta a guardarsi intorno e a chiedersi
qual è il rapporto con lo sporco della società in cui vive
quasi clandestinamente, come se fosse lei sola un caso
patologico in un mondo sano ed equilibrato. Allora si accorge di
enormi malesseri e squilibri che costituiscono la cosiddetta
normalità in cui viviamo immersi, dove ad esempio è ovvio
rifilare ai paesi poveri rifiuti tossici e lavori sporchi''.
Crede che la narrativa e di conseguenza gli scrittori abbiano un
ruolo sociale? ''La narrativa e in genere la scrittura ha
inevitabilmente un ruolo sociale, che l'autore lo voglia o no.
Anche il testo più estetizzante, egotistico e meno impegnato
porta con sé una visione del mondo, e la comunica tanto più
efficacemente quanto lo scrittore riesce nel suo mestiere''.
Neri, homeless, poveri sono il suo incubo: perché ha scelto una
protagonista politicamente scorretta?
''Veramente l'incubo di Marta sono i suoi simili, i vicini più
prossimi, le stesse persone più care, che quotidianamente
portano scompiglio nella precaria sistemazione igienica che lei
si affanna a ripristinare. E poi gli ospedali, i cimiteri, gli
studi medici irreprensibili... Come tutte le persone del suo
ceto non ha molte occasioni di contatto con i "brutti sporchi e
cattivi", come li ha chiamati Ettore Scola in un bellissimo
film, e quindi non se ne sente minacciata. Gli incontri di
questo tipo sono rarissimi e danno luogo a scene anche comiche,
perché Marta è pronta a tutto pur di non manifestare la propria
schifiltosità, appunto perché lei è una politicamente molto
corretta''.
Perché lei Simona Nuvolari, non dice nulla della sua vita - si
sa soltanto che vive a Roma - in un'epoca in cui attraverso i
social è consuetudine condividere il privato in pubblico? ''Be',
è consuetudine ma non per tutti e non allo stesso modo. Una
lotta impari è chiaramente un romanzo di ispirazione
autobiografica e quindi, sia pure indirettamente, in modo
trasposto, attraverso queste pagine ho già detto moltissimo
della mia vita privata e anche di quella di chi la condivide
con me da vicino e magari non aveva chiesto, comprensibilmente,
di essere "messo in piazza". In altre parole, con questo libro
"ho già dato".
A questo punto l'ultima cosa che vorrei è attirare i riflettori
sull'autrice, la sua storia e la sua famiglia per dar modo di
confrontarli con i personaggi del romanzo e vedere se e come se
ne discostino. Se ho scritto un romanzo per condividere un certo
tipo di problemi, è perché mi sembra quello il modo migliore di
parlarne. Scomparire nel racconto è il mio ideale letterario.
Ma parte questo, preservare almeno una zona di privato attorno a
sé, da condividere solo con i più intimi, mi pare proprio
necessario al benessere psicologico delle persone. Quanto a me,
ne ho assolutamente bisogno''.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA