"FANTASMI DALLA RUSSIA - IL MISTERO
DEI DISPERSI ITALIANI" (EDIZIONI CHILLEMI PP 214 E. 14.25)
Novantamila dispersi. Come se gli abitanti di una città delle
dimensioni di Pisa, Lucca o Catanzaro, scomparissero nel nulla,
senza lasciare alcuna traccia della loro esistenza. Quella del
corpo di spedizione italiano che tra il 1942 e il 1943 prese
parte alla disastrosa campagna di Russia è una delle pagine più
drammatiche della Seconda guerra mondiale. Eppure quel pezzo di
storia non è mai stato illuminato abbastanza.
Quale fu la sorte dei prigionieri italiani? In che condizioni
vissero la prigionia e che fine fecero le decine di migliaia di
soldati che non tornarono? A provare a dare una risposta a
questi interrogativi ancora irrisolti è Matteo De Santis con
"Fantasmi dalla Russia - Il mistero dei dispersi italiani" edito
dalle Edizioni Chillemi: una ricostruzione attenta e
dettagliata, che punta a fare luce su molti aspetti della
vicenda, con una narrazione a tratti cruda e serrata,
inevitabilmente adatta a riportare a galla situazioni in alcuni
casi oltre il limite della sopravvivenza.
Con un lavoro da storico e insieme da giallista, l'autore
ricostruisce un tassello importante della nostra storia recente
usando come base di partenza l'importante materiale inedito
proveniente dall'archivio storico della Croce Rossa Italiana.
Proprio la Croce Rossa - che per più di trent'anni, dal 1960 al
1993, si occupò delle ricerche dei soldati italiani in
coordinamento con la controparte sovietica - si è infatti resa
protagonista dei maggiori sforzi per provare a dare qualche
fondamento alle speranze delle famiglie dei dispersi, che ancora
credevano nella possibilità che i loro cari fossero ancora vivi
nell'ormai ex Unione Sovietica.
Fra rimpatri iniziali, "trattenuti" per motivi politici, rientri
alla frontiera dopo anni dalla fine del conflitto di ex militari
che avevano percorso l'Europa a piedi pur di tornare a casa, il
libro si fa spazio fra le resistenze del Cremlino e quell'
"ondivaghismo sovietico" che per anni hanno reso oltremodo
difficile il compito di chi cercava testimonianze dei
sopravvissuti per evitare che diventassero, appunto, fantasmi.
L'ipotesi che qualche disperso potesse essere rimasto in Russia,
alla luce della documentazione esclusiva, diviene dunque
dolorosamente reale, connotando la terribile questione della
prigionia di un senso di tragico abbandono e di cancellazione
della memoria.
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