(dell'inviata Mauretta Capuano)
Torna alle atmosfere di Patria,
grande successo di pubblico e di critica con cui tra l'altro ha
vinto il Premio Strega Europeo nel 2018, Fernando Arumburu nel
suo nuovo romanzo Figli della favola (Guanda) applauditissimo al
Salone del LIbro di Torino 2023 che si chiude domani.
"È stata una necessità, sono nato nei Paesi Baschi, sono stato
testimone di tante tragedie e così ogni tanto c'è un richiamo di
questo tema della violenza nella mia terra, qualcosa mi dice
che ho l'obbligo di dare il mio punto di vista nella
letteratura. Questo non vuol dire che io voglia sempre scrivere
su questo argomento, mi piacciono anche altri temi. Patria è
uscito in Spagna già sei o sette anni fa, è passato un tempo
sufficiente per tornare sull'Eta da un altro punto di vista"
dice all'ANSA Aramburu.
Due giovani baschi, Asier e Joseba, lasciano tutto per entrare
nell'Eta. Hanno vent'anni, si addestrano in una fattoria di
allevatori di galline in Francia e quando sono pronti
all'azione, l'Eta si scioglie, annuncia la fine della lotta
armata. Comincia così un viaggio drammatico e comico verso la
fondazione di una nuova organizzazione di cui sono gli unici
membri.
"La particolarità di questi due personaggi è che arrivano in
ritardo perché l'Eta ha deciso di smettere la lotta armata, ma
loro vogliono a tutti i costi creare una organizzazione con
quello scopo. Peccato che non hanno armi, non hanno nessun tipo
di esperienza, non hanno soldi, non hanno nessun appoggio
sociale e quindi è facile intuire come va a finire. Questa
avventura non può che fallire, essere grottesca e i personaggi
ridicoli" spiega lo scrittore.
Asier e Joseba vivono insomma una transizione, senza
rendersene conto.
"Oggi ci sono tanti giovani che continuano a credere nel
progetto di indipendenza ma sono completamente contrari alla
violenza. I personaggi del libro non si rendono conto che è
arrivata questa nuova realtà e comunque hanno un desiderio di
fare le cose che non combacia con il momento che vivono e questo
crea una grande contraddizione. Questi due personaggi fanno
perfino un po' di tenerezza, di pena" sottolinea Aramburu che è
di San Sebastian, dove è nato nel 1959.
Fin dalle prime pagine di Figli della favola si trova un grande
senso dell'umorismo. "Ma non lo ho creato solo io che sono
l'autore. Diciamo che nella organizzazione dell'Eta ci sono
tanti episodi ridicoli, grotteschi. Se uno si informa bene e
osserva attentamente la storia dell'Eta lo vede. Comunque ho una
grande speranza, penso che il potere può essere delegittimato
grazie all'humor" racconta. "Rendere ridicolo l'aggressore
attraverso l'humor è una cosa molto positiva perché a nessun
piace essere visto pubblicamente in questo modo. L'humor ha un
grandissimo potere, ma deve essere fatto contro l'aggressore,
mai contro le vittime perché potrebbe creare un ulteriore danno
morale".
Ma cosa pensa dei giovani di oggi? "E' una tradizione quella
di criticare sempre i giovani. Io non credo che oggi abbiano un
atteggiamento passivo o di indifferenza. In Europa abbiamo avuto
decenni di abbondanza economica, pace e quindi non c'è stata un'
urgenza sociale e questo forse ha creato disinteresse nei
confronti della politica. Oggi viviamo un momento diverso,
cominciano a esserci problemi importanti come il cambiamento
climatico e vedo che i giovani si interessano, reagiscono".
Diciamo, sottolinea Aramburu, "che l'umanità reagisce quando ha
un problema. Da vent'anni a questa parte possiamo dire che
questo è il momento in cui i giovani cominciano a interessarsi
di nuovo e di più ai problemi politici e mi ha fatto molto
piacere vedere la coda per entrare al Salone piena di
giovani".La pandemia entrerà nei suoi prossimi libri? "Non
scrivo per argomenti ma può darsi che ne scriverò perché è un
momento che ho vissuto. Non scrivo mai romanzi storici, mi
piace scrivere dei tempi che ho vissuto, ma per ora la pandemia
non è in programma" dice.
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