Due colpi da archibugio, una specie
di fucile che si carica con pallettoni da otto millimetri,
quindi un'arma non da taglio, ma da fuoco. Questo lo strumento
usato per uccidere Laura Lanza e il suo presunto amante Ludovico
Vernagalli. A riscrivere la storia della baronessa di Carini
sono Vito Badalamenti e Aurelio Grasso, autori del libro "Lauria
Elisabetta Joanna Lanza e il magnifico Ludovico Vernagalli",
presentato oggi pomeriggio al Castello La Grua Talamanca dove è
in corso Maricchia, il primo festival Uilt, dedicato alle donne.
Un saggio al quale ha collaborato anche Santa Di Natale. La
pubblicazione, presentata in occasione del 460esimo anniversario
dell'omicidio della baronessa, è stata realizzata grazie a tanti
documenti inediti, conservati nell'archivio di Simancas, in
Spagna, in quello di Palermo e in altri ancora.
"Il libro - raccontano gli autori - ci restituisce anche un
nuovo ritratto di Ludovico Vernagallo, figlio di Alvaro, che a
differenza di quanto si era detto fino ad oggi non sarebbe stato
un donnaiolo, scapestrato ma un ricco primogenito, erede di
tutto il patrimonio del padre".
Dal saggio emerge inoltre che Laura era una donna istruita,
forte, ritenuta competente e quindi in grado di gestire i suoi
affari già da giovanissima. "Don Cesare - motivano Badalamenti e
Grasso - non aveva figli maschi quindi lei, che era la figlia
maggiore, viene cresciuta come un uomo".
Il lavoro di studio inoltre ha portato anche ad una rivelazione.
"Nella storia della baronessa di Carini entra in gioco un
personaggio nuovo: Guglielmo Bonascontro, un avvocato che -
concludono gli autori - lavorava per l'Inquisizione che, dopo la
morte di Laura, viene investito dal regio Fisco come capitan
giustiziere per indagare sull'omicidio della figlia primogenita
di Cesare Lanza".
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