(di Francesca Cozzi)
FILIPPO GALLI, 'IL MIO CALCIO
ERETICO' (Piemme Edizioni, pag.160, euro 18,90)
Un manifesto di un nuovo modo di intendere il calcio,
rivoluzionario tanto da essere definito 'eretico' perchè rivolto
ad un ambiente "profondamente conservatore" e che "rifiuta il
cambiamento". 'Il mio calcio eretico' di Filippo Galli è un
libro che alterna il racconto di una carriera memorabile ad una
visione innovativa del calcio. Lui che con la maglia rossonera
ha vinto tutto, per poi dirigere il settore giovanile del club,
attraverso la propria esperienza sui campi di gioco prima e nel
gestire i giovani poi, propone un nuovo metodo per insegnare
calcio alle prossime generazioni. Uno sport in cui al primo
posto ci sia il collettivo, in cui il talento sia a servizio del
gruppo, in cui si insegna giocando e dove la serenità e salute
del calciatore comandino su tutto. In passato, come ammette lui
stesso, gli è forse "mancata la capacità di comunicare quanto
stavamo facendo, di raccontare al mondo esterno la nostra idea
che rimane innovativa tutt'ora e lo era ancora di più dieci
dodici anni fa". E così nel "riavvolgere il nastro"
dell'incredibile avventura che è la sua carriera, Filippo Galli
spiega come il calcio debba "staccarsi dalla comfort zone dove
tutto è sotto controllo" e abbracciare il cambiamento per poter
migliorare.
Galli inizia dal principio, dai primi calci al pallone dati
nei cortili e nei giardini di Villasanta, in Brianza, con le
porte fatte di sassi e il pallone di carta e scotch. Lì capì
l'importanza del gruppo e la necessità ancora oggi di far
comprendere che "un buon giocatore non è colui che fa tutto da
sè ma chi sa mettersi a disposizione degli altri". Per Galli il
talento vero, che è difficilissimo da scovare, sta nella
capacità tattica, tecnica ed emotiva di saper coinvolgere i
compagni. E quando si incontra un ragazzino con le qualità per
giocare ad alti livelli, bisogna "saper attendere" lo sviluppo
fisico come quello psicologico. L'attenzione al giocatore, le
sue esigenze come idividuo prima che come sportivo, sono alla
base del metodo studiato da Galli con Edgardo Zanoli, Domenico
Gualtieri e Caterina Gozzoli. Un'idea che rivoluziona tutto,
anche il modo di insegnare calcio ai ragazzini. Galli fece
lavorare non sulla ripetizione dei gesti ma sulla ripetizione di
situazioni di gioco. "Non possiamo pensare che la tecnica sia
separata dalla scelta". Dal 2010 cerca di "ribaltare il
paradigma e partire dalla complessità, iniziare dentro il
gioco". Fu definito 'negazionista dell'uno contro uno' perché
crede che l'azione di gioco coinvolga sempre più giocatori.
La sua ambizione è "sviluppare con i colleghi una metodologia
che si basi sul modello socio costruttivista. Ogni calciatore è
cioè protagonista del proprio processo di apprendimento".
Attraverso il racconto di alcune esperienze vissute sul campo,
alla capacità di gestire pesanti infortuni, all'influenza che
allenatori come Sacchi e Capello hanno avuto, avendo visto
l'evoluzione delle carriere di Pobega, Donnarumma, Mastour,
Filippo Galli ha capito che è prioritario lo sviluppo del
capitano umano. L'individuo al centro, l'umanizzazione del
calcio. Uno sport che è tutt'altro che semplice.
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