(di Francesco De Filippo)
ARIANNA BORIA, MODA & MODI
1991-2021 (BATTELLO STAMPATORE; 145 PP; 16 EURO) Nel novembre
1991 cominciava l'avventura di questa rubrica e prosegue ancora,
dopo oltre trenta anni sulle colonne de Il Piccolo con immutata
"voglia, tentativo e aspirazione di testimoniare l'evoluzione
del costume dal punto di vista di un giornale locale, di una
città lontana da tutte le latitudini del fashion system e
indifferente alle sue sollecitazioni più avanzate". Nonostante
il fatto che a Trieste sono nati o sono stati adottati, grandi
designer del secondo Novecento. Renato Balestra e Raffaella
Curiel, Ottavio Missoni e Mila Schoen, tanto per fare dei nomi.
La rubrica è stata ed è tipicamente triestina, uguale a se
stessa, fissa come l'occhio di una cinepresa bloccata, dunque
"tenace, longeva, che non ha mai cambiato firma né collocazione,
un piccolo unicum nell'editoria locale", come la definisce la
giornalista, nel tempo divenuta responsabile delle pagine
culturali del quotidiano. Gli articoli qui ripubblicati sono
inframezzati da disegni di Ugo Pierri (che firma anche il
disegno di copertina.
"Dalle eccentricità degli anni Novanta al ripiegamento della
pandemia", dal "plateau come zeppa su cui svettare al plateau
rassicurante delle curve virali". Allora è una rubrica di
vestiti? Si, ma anche di "politica, società, costume, rapporti
tra sessi, fluidità, vocabolario". Boria è severa e sarcastica,
anche con se stessa, si definisce voce "di una giovane cronista
che diventa un'osservatrice puntuta e critica", anche se "sempre
ironicamente curiosa e innamorata di tutto quello che, per
scelta o inerzia, ci mettiamo addosso".
Gli articoli nel libro compaiono in ordine contrario alla
direzione della freccia cronologica: il primo è del 28 dicembre
2021, l'ultimo, il 58/o, del 21 novembre 1991. Sono proprio il
primo e l'ultimo ad aprire e a chiudere un cerchio
cultural-temporale. Il 28 dicembre 2021 scoccano i trenta anni
della rubrica e Boria li celebra con un articolo dal titolo
Neo-austerity: in pratica l'aggiornamento del primo titolo della
rubrica, Austerity, del 21 novembre 1991. Quest'ultimo era una
sorta di frustata, con richiami a "kitsch e inutilità". Erano
ancora gli anni in cui divertivano le "sbandate provocazioni" ma
quando si trattava di acquistare, il "consumatore" alla
trasgressione privilegiava economicità, confortevolezza, ,
riciclabilità, qualità. E annunciava un 1992 sobrio. Trenta anni
dopo il mondo è decisamente cambiato e, sotto l'influsso
soffocante della pandemia, le parole chiave della moda diventano
"consapevolezza, circolarità, libertà". Sono ora insopportabili
costrizioni, uniformi,dress code.
In mezzo a questi tre decenni, intervallati da citazioni
colte e da riferimenti a vip di tendenza come Madonna, lady
Isabella Hervey, Uma Thurman, sono passati centinaia di capi e
di oggetti. In ordine cronologico, compaiono "insopportabili
tanga spruzzati di paillettes", wonder-bra prima e
wonder-bottom, lifting, trombini (stivali di gomma da pioggia),
quilted mules (ciabattine imbottite con l'intreccio distintivo
del marchio), l'ombelico scoperto. Vita complessa, quella al
seguito della moda.
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