MIMMO NUNNARI, 'DEMOCRISTIANI' (Luigi
Pellegrini editore, pagine 287, euro 18) C'era una volta la
Democrazia Cristiana, il partito che ha dominato la scena
politica italiana per cinquant'anni e di cui secondo recenti
sondaggi buona parte degli elettori italiani ha nostalgia . A
trent'anni dalla fine, avvenuta nel 1994, e a ottant'anni dalla
fondazione, tante iniziative e celebrazioni ravvivano la memoria
del partito nato con Alcide De Gasperi, quando la guerra non era
finita e il fascismo c'era ancora. Sulla storia e le vicende
della "balena bianca" - come i cronisti politici chiamavano il
partito scudocrociato - arriva anche un libro del giornalista e
scrittore Mimmo Nunnari: "Democristiani". Dagli incontri
clandestini di Milano nell'abitazione dell'industriale Enrico
Falck, dove si riunivano con De Gasperi ex esponenti del Partito
Popolare di Sturzo, agli appuntamenti in casa dell'avvocato
antifascista Giuseppe Spataro a Roma, con esponenti
democristiani dell'area centro meridionale, fino al primo
congresso svoltosi a Roma nell'aprile del 1946 nell'aula magna
della "Sapienza", Nunnari ripercorre le tante e diverse tappe di
un partito che è stato un fenomeno politico unico nella storia
italiana. Nel volume, con la prefazione di Pierluigi
Castagnetti, ultimo segretario del Partito Popolare Italiano, le
vicende democristiane - talvolta drammatiche, come il rapimento
e l'uccisione di Moro - vengono attentamente rilette attraverso
documenti, testimonianze e biografie dei maggiori leader: da De
Gasperi a Fanfani, Dossetti e La Pira, da Moro ad Andreotti, a
De Mita, fino al presidente della Repubblica Sergio Mattarella:
"l'ultimo democristiano", lo definisce Nunnari in un capitolo a
lui dedicato.
Ricostruendo dalle origini la storia della forza politica di
ispirazione cattolica, l'autore nel libro rivela episodi finora
rimasti sconosciuti, come l'ipotesi che Riccardo Misasi,
democristiano della sinistra di base, all'epoca presidente della
commissione Giustizia della Camera, si offrisse come ostaggio
alle Brigate rosse al posto di Moro.
Nella prefazione, Castagnetti, con riferimento alla fine per
taluni aspetti drammatica della Dc, rammenta le parole
dell'ultimo segretario, Mino Martinazzoli: "Continuo a essere
convinto che anche se io non lo vedrò, tornerà un tempo meno
inclemente per questo seme della nostra storia". Nunnari chiude
con due domande: la Dc si poteva salvare? Ed è morta per sempre?
E affida il compito della risposta a un leader che non c'è più,
Ciriaco De Mita, che nel 1997, rispondendo ad un giornalista che
lo intervistava, disse: "Non so se la Dc è morta. Certo come
partito, con riferimento a molte cose negative, è finito e, si
potrebbe dire, meno male che è finito. Però, io so che la Dc non
è stata solo una storia di errori ma anche un'esperienza
culturale straordinaria; so anche che essa rimane".
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