"Non mi piace scrivere di politica,
eppure mi ritrovo a farlo per una sorta di strana compulsione".
Jonathan Coe, scrittore britannico molto amato in Italia, si
presenta alla libreria Feltrinelli di largo di Torre Argentina,
a Roma, con una camicia blu notte e il consueto sorriso a metà.
Chiacchiera sul palco con l'americanista ed editor Luca Briasco,
risponde alle domande dal pubblico, poi concede sette minuti
esatti all'ANSA. L'appuntamento: la presentazione del suo ultimo
libro, 'La prova della mia innocenza' (Feltrinelli). Un mix di
generi, dal cosy crime alla dark academia passando per
l'autofiction, in cui però si inserisce - come spesso accade nei
suoi romanzi - anche la politica. Nonostante non gli piaccia poi
così tanto parlarne, a quanto pare.
"Scrivere questo libro è stato molto divertente - ammette -
ma non perché è politico, quanto piuttosto per via del pastiche
di stili diversi". Si tratta di un racconto che, tra una
protagonista che cerca di trovare il proprio posto nel mondo e
un omicidio misterioso, fotografa le sette settimane al governo
di Liz Truss e la trasformazione dell'ala conservatrice
britannica dagli anni '80 ad oggi, il tutto giocando con i
concetti di verità e finzione. "Nessun nostro primo ministro è
mai durato meno di due mesi - racconta Coe -. La versione del
conservatorismo che rappresentava era molto estrema, dunque mi è
sembrato avessimo raggiunto uno spartiacque". E "l'altra cosa
strana è che la regina è morta nello stesso periodo (due giorni
dopo l'elezione di Truss, ndr) - prosegue -. È come se quella
settimana la Gran Bretagna si fosse distaccata dalla realtà".
'La prova della mia innocenza', che d'altronde per Coe è
stato un po' un esercizio di stile, proprio perché unisce alcuni
dei generi più in voga della narrativa odierna, non manca di
includere alcuni elementi pop. Tra questi, la passione dei
personaggi per la storica sit-com Friends, tornata in voga negli
ultimi anni tra le giovani generazioni. "L'ho notato nelle mie
figlie - spiega -: è come se ci fosse una nostalgia per un tempo
mai vissuto, esiste un termine per definirla, anemoia. Ma la
nostalgia, come l'alcol, crea dipendenza, e dovremmo assumerne
con moderazione".
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