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Azar Nafisi, 'il regime iraniano è contro la verità'

Azar Nafisi, 'il regime iraniano è contro la verità'

"Cecilia Sala un simbolo, tra la gente grande empatia per lei"

ROMA, 29 dicembre 2024, 19:08

Redazione ANSA

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(di Angela Majoli) L'arresto di Cecilia Sala "crea in me un grande senso di oltraggio", dice preoccupata all'ANSA Azar Nafisi, la scrittrice iraniana di Leggere Lolita a Teheran, bestseller mondiale del 2007 (edito in Italia da Adelphi), da poco approdato al cinema con il film di Eran Riklis, in concorso all'ultima Festa di Roma. Dal 1997 vive negli Stati Uniti, dove ha insegnato letteratura inglese alla John Hopkins University di Washington, ma resta un'osservatrice attenta delle dinamiche del suo paese di origine.
    "Il regime iraniano cattura ostaggi stranieri solo per ottenere qualcosa in cambio", riflette Nafisi, nata a Teheran 69 anni fa, che fino all'ultimo Leggere pericolosamente (Adelphi) ha composto con le sue opere una sorta di autobiografia che gravita intorno al potere dei libri. Al momento contro la giornalista italiana non sono state formalizzate accuse: "Se la repubblica islamica avesse avuto capi di imputazione, li avrebbe annunciati: si tratta di una condotta illegale anche dal punto di vista delle leggi dello Stato. È sicuramente una forma di censura", avverte la scrittrice, convinta che "prima o poi, ragionevolmente, inventeranno un'accusa e istruiranno un processo. Di solito, i giornalisti sono accusati di essere delle spie, ma dobbiamo aspettare le prossime mosse".
    Nafisi non esclude che l'arresto di Cecilia Sala possa essere in qualche modo legato a quello di Mohammad Abedini Najafabadi, il cittadino iraniano bloccato il 16 dicembre scorso su ordine della giustizia americana all'aeroporto milanese di Malpensa, "ma non dimentichiamo - sottolinea - che Cecilia è una donna, è una giornalista e dice la verità e per il regime raccontare i fatti è un problema. Le condotte estreme e repressive non sono espressamente previste dalla legge islamica, perciò il governo non vuole che vengano raccontate. E questo è sintomo di debolezza, non di forza".
    La gente iraniana, invece, "è forte: come Martin Luther King e come Mandela porterà avanti la sua rivoluzione senza incitare mai alla violenza. Mia nonna era contraria alla poligamia e al matrimonio 'under age', mia madre non ha mai indossato il velo, eppure entrambe si professano musulmane. Peraltro il mondo è pieno di musulmani laici e non violenti. Il problema non è diventare anti-religiosi, ma combattere l'autocrazia e la teocrazia", sottolinea ancora.
    In Iran c'è comunque "una grande empatia verso il caso di Cecilia: ho parlato come una mia amica - racconta Nafisi - e mi ha detto che la chiamano 'our sister', nostra sorella". Per il trattamento in carcere "è importante che si mobilitino le organizzazioni internazionali" e per la liberazione "è fondamentale la pressione del governo italiano e americano: devono far capire al regime che in ballo c'è un prezzo alto da pagare".
   

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