ALBERTO IMPRODA - LA ROTTA DEI BRAND (Editions Mincione, pp 273, 17,10 euro ) - La società contemporanea è il risultato di una trasformazione avvenuta negli ultimi tre decenni dello scorso secolo e nei due decenni del duemila. "La rotta dei brand" è una riflessione, un saggio sul consumismo, una fotografia della situazione attuale, un'analisi che fa da apripista per indirizzare i creativi della comunicazione a individuare il linguaggio più in sintonia con i consumatori.
Ma soprattutto, il libro è il tentativo di tracciare una fotografia delle interazioni tra i brand e il contesto e della società occidentale, "sempre più caratterizzata dai paradigmi della Sostenibilità e della Complessità, che in questi anni ha dovuto fare i conti con eventi di epocale portata: la Pandemia da Covid, la Guerra in Europa, la crisi Energetica". Il saggio, oltre a presentare una nuova veste grafica (era uscito nel 2017 in una prima edizione ) si arricchisce di nuovi capitoli incentrati tra i nessi che collegano i brand a questi nuovi fenomeni e accadimenti.
L'autore, l'avvocato Alberto Improda, docente universitario e saggista, fotografa la lenta e silenziosa degenerazione del liberismo che da motore di produzione di ricchezza a vantaggio dell'imprenditore e della società, diventa generatore egoista di ricchezza riservata all'individuo, condizionando fortemente la società dei consumi e mandando alla deriva il consumatore.
Improda s'interroga su quale idea si debba avere nei riguardi di questo uomo "natante" che oggi ci rappresenta e su quale sia il ruolo dei brand: se stiamo assistendo alla progressiva scomparsa della capacità di essere libero dell'individuo o se il consumismo e i brand che lo alimentano, con le giuste tutele, siano la chiave di salvezza di una ritrovata umanità. Ma i brand ci invadono: sono brand le insegne e sono brand tutti i prodotti a marchio che portiamo nelle nostre case quando facciamo la spesa. "Perchè in fondo il brand cos'è - si chiede nella prefazione Paolo Marcesini - se non la trasmissione di un desiderio?" Secondo l'autore, "Il pieno compimento del fenomeno della Globalizzazione, storicamente già in atto dal secondo Dopoguerra, la mancanza di credibili modelli di sviluppo alternativi, le opportunità fornite dalle moderne tecnologie e dai nuovi media, hanno determinato un incontrastato radicamento del pensiero capitalista a livello planetario". "Il pensiero liberalista ha storicamente costituito una grande conquista democratica e culturale, nonché una tappa fondamentale nella storia dell'umanità". L'autore ricostruisce la degenerazione storica del Liberalismo che per lui è "l'Accumulo", che non ha conseguenze benefiche sulla società e sui cittadini. "Si vive in una sorta di egemonia dell'Allo-Liberismo, apparentemente senza vedere oppure se si preferisce, senza nutrire interesse per i modelli politici, economici e sociali di segno diverso". In questa società Arcipelago, ammonisce l'autore "si è innescato un pericoloso processo d'identificazione con i marchi, per cui la donna cessa di vestire Vuitton, per essere una donna Vuitton...". I marchi diventano stili di vita, si battono per un credo, per una buona causa, permeano di fatto il pensiero e penetrano nel profondo, facendo sentire al consumatore di appartenere a quella classe sociale elitaria che si batte per un giusto fine, annullando di fatto l'autonomia del pensiero.
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