ROMA - Se una cosa ci ricorda questa pandemia è che la natura è sempre più forte, più resistente dell'uomo. Non per nulla molti scrittori (e poi drammaturghi, registi di film e artisti diversi) da sempre hanno raccontato e creato storie esemplari, tra cronaca e metafora, su epidemie e altri cataclismi che cancellano o quasi il genere umano dalla terra e ne mettono a nudo la sua vera natura. Allora questi romanzi, queste cronache di day after, queste supposizioni di arrivo al limite e di salvezza in extremis, con cui viviamo una qualche consonanza, possono essere qualcosa che ci aiuta a capire e riflettere su quel che ci sta accadendo in questo 2020, magari a metabolizzarlo in qualche modo, così da ripartire, come si dice, sapendo almeno un poco di più chi siamo.
Molti hanno appunto portato il discorso all'estremo e, spariti tutti gli uomini dalla terra per un qualche misterioso morbo, ci raccontano le cose dal punto di vista dell'ultimo sopravvissuto, l'unico che si è salvato e si chiede se sia una punizione o un premio. L'io narrante dell'ironico romanzo ''La coda della cometa'' di Italo Cremona, scrittore e pittore (1905-1979), si sveglia una mattina nella sua Torino e scopre pian piano che non c'è più nessuno essere umano, tutti dissolti da un male forse dovuto al passaggio di un corpo celeste. E' stupito: ''La gente era dunque scomparsa in tutto il mondo? Mi pareva un po' grossa; non esageriamo mi dicevo e intanto perché non ti fai un caffè?'' visto che è entrato in un bar. Inizia così a esplorare posti che non erano accessibili, vista uffici e appartamenti, negozi (anche un'armeria) e musei con un interesse quasi antropologico. Si sente inutile possessore di tutto, ma ora capace di conoscere aspetti ''della vita privata dei mie concittadini che mi era rimasta sempre nascosta sotto una robusta vernice di rispettabilità''.
Non c'è più traccia di uomini, ma la vita umana continua comunque a affascinarlo. 'Entra a Palazzo reale e accende un fuoco in un vecchio camino finendo per incendiare tutto l'edificio, con le fiamme che sfiorano il Duomo e la cappella della Sindone. E' costretto dopo un po' a trasferirsi in collina non riuscendo bruciare con la benzina ''tutte le cose putrescenti e infette'', a cominciare dalla morgue. E il racconto pian piano diventa una denuncia dell'ipocrisia e delle nefandezze della cosiddetta 'civiltà'.
Con la compagnia di alcuni cani, come ''sostanzioso diversivo'' indulge a leggere i nomi dei defunti nel cimitero: ''In fondo, cosa può far di meglio l'ultimo uomo che curiosare tra i morti?'' Questo finché una mattina annota sul diario: ''Accidenti! Son o tornati tutti!'' E' accaduto all'improvviso alla mezzanotte di una qualsiasi notte e, col passare dei giorni, tutto riparte, si torna al grigiore quotidiano, come dopo una vacanza, ma anche con tutta la gente attorno per il nostro eroe la solitudine resta la stessa.
Un monologo del tutto solitario è anche quello del protagonista del romanzo ''Dissipatio HG'' di Guido Morselli (1912 - 1973) che, dopo aver rinunciato al progetto di suicidarsi in una grotta, torna verso il paesino in cui vive per scoprire (come l'omologo di Italo Cremona) che durante la sua assenza il genere umano si è dissolto, dissipato nel nulla.
Restano le cose, gli animali, il ronzio di alcune macchine che nessuno ha spento. Pensa tutti si siano recati per qualche ragione nella vicina Widmad, ma anche lì il deserto e punta allora sulla città, Crisopoli, dove è la situazione è la stessa, con il palazzo della Borsa vuoto e nel giornale in cui aveva lavorato le telescriventi come morte non ricevono niente da alcuna parte del mondo. Anche all'aeroporto nessun arrivo o partenza. Inquieto, si chiede se l'umanità sia stata ''angelicata in massa'' o se si tratta invece di un'inaudita migrazione collettiva? Pensa a una silenziosa apocalisse con l'unico sopravvissuto, che aveva deciso di uccidersi, di sparire anche lui.
Tutto è apparentemente eguale, ma gli appare diversissimo.
Prende un'automobile e si reca a cercare una sua ex amante, la cui casa è ovviamente vuota e il letto sfatto con l'impronta di una testa sul cuscino. Il suo abituale pessimismo, la sua convinzione di essere incapace di comunicare con gli altri, raggiunge allora un livello quasi assoluto, ha momenti di smarrimento che si tramutano in paura e poi lunghe riflessioni, sul bene e il male, su filosofia e religione, domandandosi se considerarsi un eletto o un rifiutato. Si ricorda del suo ricovero per esaurimento in una casa di cura e del Dottor Karpinsky che lo aveva messo sulla strada della guarigione, per cui comincia a ricordarlo, a desiderarlo sino ad avere allucinazioni che lo riguardano. Prova a cercarlo, ovviamente inutilmente. Poi, pian piano si tranquillizza e si stabilisce a Crisopoli, va a vivere nel ristorante della Borsa e resta in attesa di non si sa che, mentre per strada riconquistano spazio erbe e piante selvatiche, esattamente come è accaduto nelle nostre città durante il lockdown. La realtà è che la natura segue il suo corso, indifferente alla presenza o meno degli uomini. Ed è solo questa lezione che può farci ripensare al nostro modo di affrontare la vita e trovare la via per liberarci da angoscia e paura.
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