MICHELA GIACHETTA, ''I MOSTRI NON ESISTONO. All'origine della violenza di genere''. (Fandango, pag. 245, euro 18,00) Capire, non giustificare. É con questo spirito che Michela Giachetta ha, come dice lei, ''messo le scarpe comode'', ed è uscita sul campo entrando nei Cuav, ovvero i Centri per gli uomini autori di violenza. ''Mi sono messa in gioco, portando con me, assieme ad un vecchio registratore, le mie esperienze, per provare a capire, dove possibile, le radici della violenza''. L'autrice, che è una giornalista nata a Bologna nel 1978, ha condotto la sua ricerca sulla violenza nei confronti delle donne che racconta in ''I mostri non esistono'', a partire dallo studio di questi centri che in Italia si stanno diffondendo negli ultimi anni e che al 31 dicembre 2022 erano 94, con una distribuzione eterogenea sul territorio. Gestiti per l'86% da privati no profit, e per il restante 14% da enti pubblici, accolgono uomini (4174 quelli del 2022) che su consiglio di un avvocato, o inviati dall'autorità giudiziaria, portano avanti un percorso che dura circa un anno, per andare a fondo dell'atto di violenza che hanno commesso. Se infatti nel 2022 nel mondo quasi 89 mila donne sono state uccise intenzionalmente, quasi metà da familiari e partner, nel 2023 le donne che hanno subito questa sorte in Italia sono state 120 con una stragrande maggioranza in ambito familiare. Ma il fenomeno è veramente impressionante se si pensa che le donne che nel 2023 hanno chiesto aiuto al numero antiviolenza 1522 sono state 14.455 per parlare della loro situazione segnata dalla violenza o dallo stalking.
Il viaggio di Michela Giachetta parte da Modena, dal Centro Liberiamoci dalla violenza, il primo pubblico aperto in Italia.
''Ogni volta che varchiamo questa porta - le dice Monica Dotti, sociologa e coordinatrice - ci ricordiamo qual è l'obiettivo principale, iniziale e finale, del lavoro con gli uomini maltrattati. Nel consultorio si lavora soprattutto per il benessere delle donne e dei bambini. E noi, lavorando con gli uomini autori di violenza, vogliamo proteggere soprattutto le donne e i bambini''. Sono centri in cui gli uomini malati, o tossicodipendenti non entrano, qui si prendono in considerazione solo i ''normali'' violenti perchè ''chi picchia la compagna, chi l'aggredisce, chi le punta un coltello alla gola per minacciarla non è un uomo necessariamente malato''. Sono quelli che l'autrice incontra a Firenze, e le stendono la mano cordialmente, sono quelli che a volte minimizzano a volte si sentono uno schifo e cercano quella che non vogliono chiamare cambiamento ma ''evoluzione''. Lo fanno seguendo un percorso che è in piccoli gruppi, prima incontri di valutazione, poi incontri cui le loro storie vengono analizzate e gli viene spiegato come fare ad interrompere i maltrattamenti, quali tecniche usare. Un percorso complesso che sconta pregiudizi di vario tipo. Ci sono anche criticità, rileva Giachetta, che ha iniziato la sua ricerca sulla spinta emotiva dell'omicidio di Giulia Tramontano.
''In molti casi mancano dati generali sul monitoraggio, cosa succede quando il percorso è finito, qualche anno dopo, anche, per valutare, numeri alla mano, se il percorso è servito, se ci sono state altre violenze''. Perchè ''fermare la violenza vuol dire fermare gli uomini violenti''.
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