Sono passati quarantanove anni dalla morte di Pier Paolo Pasolini, quasi mezzo secolo. Eppure sull'ultima notte dell'intellettuale, ritrovato senza vita il 2 novembre 1975 sulla spiaggia dell'Idroscalo di Ostia, sono ancora tanti gli elementi di mistero. A cercare di ricostruire la triste vicenda è ancora una volta Lucia Visca, la prima cronista che arrivò sul luogo del delitto, oggi autrice di 'Pasolini 1975-2025' per Edizioni All Around.
Raggiungere il luogo rapidamente - per la fortuna di vivere in zona - permise a Visca di vedere cose "che altri colleghi non videro, perché nel frattempo ci fu la contaminazione del terreno e altre complicazioni", racconta all'ANSA l'ex giornalista di Paese Sera. A livello umano fu "tremendo", anche perché "per me in quel momento Pasolini era due cose - ricorda - il poeta che leggevo sull'antologia del liceo, ma anche il compagno che si era riavvicinato alla Figc, nella quale io militavo, e stava riaprendo un discorso con il Partito Comunista. Quando ci fu il riconoscimento del corpo è come se mi fosse esplosa una cosa dentro, nella testa". Di quei momenti tra le pagine di 'Pasolini 1975-2025' restano testimonianze, fotografie e documenti d'epoca, oltre a una prima parte dedicata al rapporto complesso tra lo scrittore e Ostia, per lui luogo di contraddizione, fascino, pericolo.
Oggi cosa possiamo capire di più del delitto? "Nulla, è destinato a rimanere un mistero", risponde Visca. "Io ho seguito tutte le inchieste, in qualche modo la vicenda di Pasolini ha segnato la mia carriera. Anche le riaperture recenti non hanno portato a nulla. Oltretutto bisogna pensare che nel frattempo i protagonisti sono tutti morti. Per anni abbiamo aspettato una nuova verità da Pelosi, che ora non potrà mai più arrivare", considerando che è morto nel 2017. Non a caso "Guido Calvi parla della vicenda con Pasolini come l'ultimo grande mistero italiano". Il motivo? "Non ci sono state indagini, è molto semplice - commenta - della morte di Pasolini non interessava a nessuno", al massimo "a una ristretta cerchia di amici, intellettuali, però non era la morte di Moro, era la morte di un uomo che non aveva una vita cristallina". Un dato che fu forse cruciale nel modo in cui si sviluppò il caso. Visca dedica anche spazio a come Pasolini fu rappresentato sia prima sia dopo la sua morte: "La condanna mediatica l'ha vissuta tutta la vita - sostiene -, qualsiasi cosa facesse c'era qualcuno che presentava una denuncia o qualche magistrato che aveva un fascicolo".
L'autrice propone le sue riflessioni alla luce delle regole deontologiche odierne dei giornalisti su come si scrisse dell'omicidio. "Quello che avevamo detto e scritto negli anni '70 era un'aberrazione - riflette Visca -, se uno di noi lo scrivesse oggi sarebbe buttato fuori dall'Ordine". Di Pelosi fu pubblicata la foto nonostante fosse minorenne, si raccontarono particolari scabrosi della sua adolescenza, tra le altre cose. Ora, l'obiettivo è portare il testo anche nelle scuole. "Pasolini viene studiato come poeta, scrittore, autore - conclude Visca - ma sulla sua vicenda spesso i ragazzi non sanno nulla. È come per Caravaggio, della sua arte sappiamo tutto, ma della sua morte niente".
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