''Ho conosciuto Ionesco - racconta
Fernando Arrabal, uno dei mostri sacri della cultura
novecentesca, che ha appena compiuto 90 anni - Si capiva che
tutta la sua vita, oltre la sua opera, soggiaceva alla poesia
come accade di rado e come conferma lo spettacolo di
Demarcy-Mota che abbiamo appena visto. Per questo dire che la
sua è avanguardia è un confinarlo in un ghetto''. Arrabal è a
Firenze, ospite del Teatro di Toscana nell'ambito del progetto
di alleanza tra teatri europei con la Pergola e il Theatre de la
Ville di Parigi in testa, impegnati a confrontarsi per guardare
al futuro in una commistione di lingue. E' quel che accade con
''Ionesco suite'' costruito su brani di cinque testi di Ionesco
in cui recitano interpreti francesi, cui si aggiunge ogni sera
un diverso attore della scuola del Teatro di Toscana.
Ricorda Arrabal come un giorno del 1961, mentre era preso da
una impegnativa partita a scacchi con Samuel Beckett ''si
presentò Susan, sua moglie, con in mano un libro cercando di
farglielo vedere. Ma Beckett, che deve muovere, non la guarda
nemmeno. Lei aspetta, poi insiste e gli mette sotto gli occhi
una copia del libro appena uscito di Martin Esslin intitolato
'Teatro dell'assurdo - Adamav, Beckett, Ionesco', allora lo
scrittore alza gli occhi, legge e esclama: teatro dell'assurdo,
che assurdità!''.
Arrabal, spagnolo nato a Melilla in Marocco nell'agosto 1932,
drammaturgo, poeta, narratore, pittore e regista, ha fatto parte
del movimento surrealista lavorando con Breton, Tzara. Alle
spalle oggi ha 14 romanzi a cominciare da ''Baal babilonia'', un
migliaio di poesie e una produzione teatrale gigantesca da
''Fando e Lis'', ''Il cimitero degli automobili' o l'esemplare
''L'architetto e l'imperatore di Assiria'', cui si aggiungono 5
libretti lirici, una decina di raccolte di saggi e 4 libri sugli
scacchi.
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