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Cristina Muti parte per salvare artisti dell'opera di Kiev

Cristina Muti parte per salvare artisti dell'opera di Kiev

Viaggio di 'Ravenna Solidale' verso il confine con l'Ungheria

BOLOGNA, 01 aprile 2022, 19:25

Redazione ANSA

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Il primo luglio 2018 davanti alla cattedrale ucraina di Santa Sofia, Kiev e Ravenna erano state unite dalle note di Giuseppe Verdi, il Nabucco, lo Stabat Mater, il Te Deum. I musicisti dell'Orchestra Giovanile 'Luigi Cherubini' diretti da Riccardo Muti avevano incontrato quelli dell'Orchestra e del Coro dell'Opera Nazionale d'Ucraina, ma anche giovani artisti arrivati da Mariupol, città oggi martoriata. Era il concerto dell'amicizia e si voleva lanciare un messaggio di fratellanza e di pace, attraverso la musica. Quattro anni dopo, la solidarietà si fa concretezza. La moglie del maestro, Cristina Mazzavillani Muti, ha raccolto il grido di aiuto dei musicisti ucraini e ha fatto un appello, il mondo dell'associazionismo e del volontariato ha risposto e all'alba di lunedì da Ravenna partirà una missione di salvataggio di cui farà parte la stessa Muti: due pullman viaggeranno verso l'Ungheria, a Lonya, al confine con l'Ucraina, per recuperare 60 tra coristi, ballerini e tecnici del teatro dell'opera di Kiev, in fuga dalla guerra con alcuni familiari. L'arrivo è previsto il 6 aprile e l'accoglienza sarà organizzata in una struttura messa a disposizione da una cooperativa sociale. "L'appello che ci è arrivato non è banale. La cultura musicale - ha spiegato all'ANSA Giovanni Morgese, coordinatore insieme a Daniele Perini e Chiara Francesconi di 'Ravenna Solidale' che raggruppa le realtà del territorio riunite per l'emergenza ucraina - rappresenta l'identità di un Paese. Abbiamo raccolto i fondi e organizzato un gruppo. Faremo 3.000 km e andremo a salvare questo simbolo della cultura ucraina". Cristina Mazzavillani è presidente onoraria del Ravenna Festival che nel 2018 organizzò il concerto dell'amicizia a Kiev. "Penso a quel viaggio - dice in un videoappello raccolto dalle associazioni - dove ci siamo stretti in un abbraccio fraterno e già nel 2018 si sparava a Mariupol. Ci chiamarono per questo messaggio di fratellanza, di amicizia. Ora ci dicono che non basta la musica, ci vogliono fatti di altra natura. Mettiamoci tutti insieme e facciamo il possibile per migliorare la situazione di questi esseri umani, pensando che potremmo essere noi in questo frangente. Un domani, chissà, saranno loro ad accoglierci". E quando arriveranno "la loro maniera di rispondere a quest'accoglienza sarà salire sul palcoscenico".

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