Applausi calorosi, andati ai cantanti anche a scena aperta, ed equamente distribuiti dal pubblico al termine della recita tra il maestro Carlo Rizzi, sul podio dell'Orchestra Sinfonica Rossini, e il team autore della parte visiva dello spettacolo, guidato dal regista Marco Carniti, tutti richiamati più volte sul palco tra le ovazioni, hanno accolto ieri sera a Pesaro la riproposizione de La Gazzetta, seconda opera in cartellone del 43/o Rossini Opera Festival. Già allestita con successo al Rof nel 2015, l'opera buffa in due atti fu rappresentata a Napoli da Rossini nel settembre del 1816 dopo il disastro romano del Barbiere di Siviglia e tre mesi prima dell'Otello, probabilmente per 'fare cassa', utilizzando più che mai autoimprestiti, provenienti dal Turco in Italia, dalla Pietra del paragone, da L'Equivoco stravagante e dalla Cambiale di matrimonio. Un'opera minore e un po' pasticciata dove Rossini, da quel genio che era, seppe però imprimere il suo marchio soprattutto nell'ouverture, poi trasferita nella Cenerentola, e nello strepitoso Quintetto 'ritrovato', con echi del Barbiere di Siviglia, inserito nell'edizione critica del 2015. Il libretto di Giuseppe Palomba si basa su 'Il matrimonio per concorso' di Goldoni, principe indiscusso della commedia settecentesca, che tratteggia storie esilaranti di amori contrastati, travestimenti ed equivoci senza indulgere nell'approfondimento psicologico, ma trattando i personaggi come maschere, portatrici ciascuna di uno stereotipo comportamentale. Di qui la scelta di Carniti di ambientare La Gazzetta negli anni'50 a Parigi, massimo centro culturale dell'epoca, dove all'Hotel Aquila si affollano una ridda di personaggi-tipo provenienti da tutto il mondo, a far da cornice all'amore di Lisetta per il locandiere Filippo, osteggiato dal padre di lei Don Pomponio (il classico buffo napoletano) che vorrebbe per la figlia un miglior partito e per trovarlo pubblica un annuncio sul giornale. Ma Lisetta, come Mirandolina nella Locandiera, sceglie un compagno socialmente inferiore, postulando il concetto di una libertà femminile, che nella versione attuale - per il regista "più aderente all'oggi rispetto a quella del 2015" - si estende anche all'amore per una persona dell'altro sesso, accennato da una bandierina arcobaleno Lgbt. Il tutto con una regia astratta e raffinata dove pochi oggetti: scale, sedie, banconi, pannelli che scendono dall'alto o lettere portate a mano dai figuranti, nelle scene di Manuela Gasperoni, vanno ad indicare le diverse fasi e temperature emotive della vicenda, in una perfetta fusione tra teatro e musica. I cantanti-attori sempre in movimento sulla scena, e abbigliati con gli splendidi costumi di Maria Filippi, si esprimono liberamente in quello che si risolve alla fine in un esilarante duello tra maschi e femmine, con la vittoria piena di queste ultime e un omaggio finale al Rof, con un gioco di lettere di plastica che vanno a comporre Rossini Opera Festival. Nel cast, tutto perfettamente in parte, Carlo Lepore, un Pomponio apprezzatissimo dal pubblico, come pure Maria Grazia Schiavo (Lisetta), Giorgio Caoduro (Filippo), Martiniana Antoine, Alejandro Balinas, e ancora Pietro Adaìni, Andrea Nino, Pablo Galvez ed Ernesto Lama. Coro del Teatro della Fortuna preparato da Mirca Rosciani. Repliche il 13, 15 e 18 agosto.
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