"Non è ancora un regime l'Italia -
usiamo delle iperboli - non ci mette in galera, però vuole il
pensiero unico. E si possono fare tutte le critiche alla Meloni,
ma non ha cambiato lei il clima, c'era già prima". Così Moni
Ovadia a proposito della bufera che l'ha coinvolto da quando è
intervenuto sugli attacchi in Israele e alle richieste di
dimissioni che sono arrivate per il suo ruolo di direttore del
Teatro comunale di Ferrara. Dimissioni sulle quali la volontà "è
confermata" e che presenterà dopodomani. Potrebbe ripensarci,
dice all'ANSA, "soltanto se il Cda del teatro le respinge".
Quanto alla solidarietà ricevuta o che gli è mancata: "Mi
aspettavo che chiunque si professa anche un po' democratico
dicesse 'caro Balboni (il senatore FdI che l'ha attaccato, ndr)
non ti piace ciò che dice Moni Ovadia ma ha il pieno titolo per
dirlo. Se chiedi le dimissioni sei fascista o stalinista".
"Sono radicalmente di sinistra - dice l'attore - ma il
sindaco leghista Alan Fabbri è stato un grande galantuomo. Ha
avuto rispetto e disponibilità nei miei confronti che sono un
paradigma di comportamento e correttezza da parte di qualcuno
che amministra una città. La giunta comunale era con me. Il
problema era Fratelli d'Italia, cui si è unita poi Forza Italia,
Italia Viva, il Pd ferrarese", che hanno chiesto le dimissioni.
"Io sono militante per i diritti sociali, civili, degli
oppressi. Sto dalla parte degli oppressi che è l'unico popolo
che conosco. Sono ebreo ma questo non determina le mie scelte
rispetto ai valori universali". E allora so "che ogni mia
parola, ogni iniziativa sostenuta... ogni volta avrebbero
chiesto le mie dimissioni... non si può lavorare così". "Non si
può lavorare, fare cultura e ogni volta essere sottoposto a
canee sui giornali, non si può andare avanti così".
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