(di Paolo Petroni)
Uno spettacolo forte, pieno di
energia e coinvolgente questo di Michele Sinisi che si replica
al Teatro Basilica sino a 28 aprile e rilegge in modo moderno
quei ''Masnadieri'' di Schiller complicati e datati. Ecco allora
che tutto è giocato su una presa di distanza dall'originale,
rielaborato col suo stile da Sinisi con Tommaso Emiliani, per
metterne in evidenza la rappresentazione con una particolare
sorta di straniamento brechtiano, puntando sul discorso
libertario di Schiller (che sedusse anche Verdi), sul dramma di
una rabbia giovanile, che prende la forma di una spietata,
feroce guerriglia di un gruppo di ribelli che dicono di lottare
contro corruzione e prepotenza del potere verso i più deboli,
come nella dichiarazione ora messa all'inizio dello spettacolo,
che finisce invece con la considerazione ''folle pensare di
rendere migliore il mondo con orrore e violenza''.
Gli attori allora, cominciando o a un certo punto della loro
parte, si presentano accompagnati dalle note verdiane
(amplificate da un telefonino di uno di loro) col proprio nome,
cognome e età e poi indicano alcune caratteristiche del
personaggio o riferiscono una parte della vicenda, introducendo
anche la storia schilleriana con echi da Re Lear della rivalità
dei figli del nobile Max, interpretato da Stefano Braschi: Franz
brutto e perfido cui dà vita Gianni D'Addario e Karl, bello e
più amato nonostante il suo carattere ribelle, che Donato
Paternostro rende nei suoi momenti di furore, in quelli più
riflessivi e in quelli di orgoglio, segnando un po' i registri
della vicenda, negli altri personaggi vissuta forse con un poco
troppo ricorso all'agitazione e il gridare.
Tra tutti l'Amalia di Laura Pannia con i suoi turbamenti, gli
slanci eroici, mossa dalla forza del suo amore per Karl che la
fa resistere alle lusinghe e le sopraffazioni di Franz, il quale
le fa anche credere che il fratello sia morto e poi imprigiona
il padre, per diventare libero e padrone di tutto. Karl finirà
per scoprire le sue nefandezze e il fratello si ucciderà prima
che i di lui inviati a ammazzarlo arrivino, quindi sarà sua
vittima anche l'amata Amalia pensando che, prigioniero
dell'orrore del suo agire e il sangue versato, non può deturpare
con le sue colpe la sua purezza e amore.
Un lavoro dai toni e sentimenti forti in cui Sinisi inserisce
a contrasto sottolineature comiche, momenti di umanità in tanta
estrema tragedia. Detto questo si capisce poco perché a un certo
punto si riparta dall'inizio, ripetendo la prima scena, o perché
dal cielo cada una valanga di lattine a invadere tutto,
calpestate e prese a calci dagli attori durante lo spettacolo
(Forse un riferimento ai giovani?) Mentre più comprensibile, ma
anche un di più spettacolare in un palcoscenico usato sempre
nudo e forte della sua struttura architettonica, la figura
simbolica di un grande bue squarciato (di tela e paglia) che,
contornato da tanti lumini, farà da sfondo al finale di questa
cruenta storia.
Nonostante un inizio di una replica infrasettimanale con
l'intollerabile ritardo di oltre mezz'ora (senza una causa
palese e senza scuse) in dispregio degli spettatori, sono stati
molto e calorosamente applauditi da una platea principalmente
composta di giovani i protagonisti principali, in uno spettacolo
in fondo molto corale, e tutti i masnadieri interpretati dal
Gruppo della Creta, la Compagnia di giovani residente al Teatro
Basilica: dal fido amico Roller (Lorenzo Garufo) al fedele
Schwarz (Amedeo Monda), il bieco Spiegelberg (Alessio Esposito),
Schhweizer (Matteo Baroncelli), Hermann (Vittorio Bruschi) sino
alle tre diverse figure ben caratterizzate da Jacopo Cinque e le
altrettante di Lucio De Francesco.
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