È una spirale, dantesca direi, perchè nell'universo non ci sono linee rette, fatta di errori e di falsità che in un attimo trasformano anche un cavaliere d'onore come Don Chisciotte in uno spietato Don Giovanni, dove due maghi ''scalcinati'' non possono che accompagnare gli spettatori nel viaggio a tempo di musica, a cercare dal palazzo dei sogni alla foresta delle rovine qualcosa di più di quel nostro essere tutti ''solo dei pacchi spediti dall'ostetrica al becchino''. Ancora una volta Marco Martinelli ed Ermanna Montanari (fondatori e direzione artistica del Teatro delle Albe) con il loro ''Don Chisciotte ad ardere'' mettono in scena per il Ravenna festival un'imperdibile opera mondo. Dopo le tre cantiche della Divina Commedia, ora la prima e la seconda parte dell'opera di Cervantes (il progetto triennale si concluderà nel 2025) che per tre ore di spettacolo porta lo spettatore nel loro teatro che è arte allo stato puro, nel senso più alto del termine, in tutte le sue forme, corpo, parola e visione. Con in più una sensibilità che va molto oltre il piano estetico, ma è umana e sociale e da sempre li contraddistingue. La folla in scena - raggiunge il centinaio di attori - ancora una volta è superiore a quella degli spettatori per la ''chiamata pubblica'' a quel teatro che coinvolge l'intera città e ospita anche dal resto d'Italia e oltre. In questo caso coloro che assistono sono cinquanta ''erranti'', che li seguono per la città a partire dal palazzo Malagola per arrivare fino alle rovine del palazzo di Teodorico alla luce della luna.
Si parte al 118 di Via Roma, dove la maga Hermanita si affaccia al balcone ed invita ad entrare fisicamente nel mondo dei sogni, con le donne che li raccontano e li cuciono, li cantano e li consegnano in mano agli spettatori come tanti foglietti. E può essere che ti capita quello di essere uno staffetta partigiana, ad esempio. Poi il viaggio inizia, piano dopo piano dalla terra alla soffitta, passando attraverso i militari sfiniti dalla battaglia, alla famiglia che mangia la sua minestrina indifferente, la sirena col suo lago incantato, l'amore senile che sembra sempre più merce rara, ai luoghi di lavoro deserti, e quelli dei libri, sempre così centrali nel loro fare teatro.
Perchè si i libri sono il primo dei pericoli da eliminare, dal 1616 ad oggi, per chi teme gli esseri pensanti e la carta brucia facilmente ma dopo la carta si brucia la carne in una battaglia che è la battaglia di Don Chisciotte ma è la battaglia dell'arte, è la battaglia degli uomini liberi. Il vero in un mondo di falsità, con i social che più volte vengono nominati come esempio di illusione e la guerra e le armi che aleggiano come un incubo di tutti i giorni.
C'è l'opera mondo o meglio c'è il mondo in queste tre ore, segnate anche dalla musica che è anche qui mescolanza e ricerca della pluralità, e va dalla tradizione araba al rock in una frammentazione lessicale che è anche questa metafora. Le ore di spettacolo l'anno prossimo diventeranno cinque, quando sarà messo in scena per intero tutto il romanzo sempre per Ravenna festival.
Con Ermanna Montanari (maga Hermanita) e Marco Martinelli (mago Marcus), in scena Roberto Magnani (Roberto del Castillo alias Don Chisciotte), Alessandro Argnani (Aleandro Argnàn de Puerto Foras alias Sancio Panza) e Laura Redaelli (Laura Ross de la Briansa alias Dulcinea), in un crescendo corale con i gruppi di attori che si alternano in scena per interpretare le ''glossolalìe'', i carcerati o i "ragionevoli" fino al commovente epilogo della bambina senza nome, a sere alterne Giulia Albonetti e Bianca Casadio, davanti al grande braciere che, spente le luci, rimane il focolare intorno al quale per millenni, fino ad un secolo fa, gli esseri umani si sono ritrovati per raccontare le loro storie ed è essenziale che continuino a farlo ancora.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA