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Vortice e tensione, "Deadlock" debutta a Biennale Danza

Vortice e tensione, "Deadlock" debutta a Biennale Danza

Ricerca del movimento firmata dal Leone d'Oro Cristina Caprioli

VENEZIA, 20 luglio 2024, 13:51

Redazione ANSA

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(di Stefania Passarella) Una figura androgina, apparentemente senza tempo né spazio, come un alieno rapito dal vortice di se stesso in un'altra dimensione. In un mondo quasi distopico, in cui un sé più vicino all'umano striscia e si sposta su schermi curvilinei. È un lavoro concettuale ma allo stesso tempo molto muscolare, che sfida le leggi fisiche dell'equilibrio, l'ultima creazione di Cristina Caprioli, coreografa italo-svedese alla quale la Biennale Danza di Venezia quest'anno ha attribuito il Leone d'Oro alla carriera. Si intitola "Deadlock", tecnicamente "stallo", ed è un assolo di 50 minuti che viaggia su binari altissimi di ricerca del movimento.
    La creazione è andata in scena in prima italiana alla 18/ma Biennale Danza, alla Tesa in Arsenale a Venezia, trasformata in un palco post moderno in cui la danzatrice - Louise Dahl, interprete svedese di grande intensità - è impegnata in sequenze vorticose. Insegue spinte opposte intorno al proprio asse, sfidandolo continuamente, per allontanarvisi per poi rimbalzarci sopra. Ci ricorda il tema di questa Biennale, "We Humans Are Movement", "Noi Umani, Siamo Movimento". Louise Dahl sembra muoversi liberamente ma la pura improvvisazione è un'illusione.
    Lo ricorda la coreografa nella conversazione post spettacolo.
    "Ogni gesto e dettagliatamente coreografato, ogni sequenza, ogni ordine di sequenza". Il corpo è moltiplicato sullo schermo. Due mondi paralleli che a volte si sfiorano, ma in cui fondamentalmente profondità, peso, e confini non esistono. Sugli schermi l'alter ego umano è una figura piccola, rannicchiata, risucchiata. È la stessa Caprioli.
    Nel lavoro la sua radice svedese, nordica, è molto ben presente. Dallo stile, minimal, ai colori non colori prevalenti, che sono fondamentalmente bianco, nero e scale di grigi. Anche la "musica", è un continuo rumore bianco. L'incessante ricerca e studio dei micromovimenti danno vita a un passaggio unico e molto fluido.
    Il processo creativo che ha portato a "Deadlock" (2023) è "una storia lunga", ha spiegato Caprioli. "Nel privato avevo a che fare con la morte, con strade chiuse senza uscita.
    Situazioni che mi hanno portato a un movimento curvato, che si piega su se stesso, che però prende forza per tornare indietro, in un posto buono". La fa da padrone l'eterno "spinning" che catapulta in una turbina, in balia delle spinte opposte di forze centrifughe e centripete, "che dà l'impressione di essere chiusi in una lavatrice - dice Caprioli - Sembra che da un momento all'altro si possa schizzare fuori, ovunque, ma lo spazio intorno è finito, chiuso, e dunque si ritorna su se stessi".
    Anche il vuoto che si crea all'interno, intorno al proprio asse, alla fine si annulla.
    Un lavoro molto concettuale che il pubblico della Biennale ha particolarmente apprezzato. Diverse repliche di "Deadlock" sono in programma fino alla fine del Festival, 3 agosto. La coreografa presenta anche altre due creazioni, "Flat Haze" (2019) - coreografia di 9 ore in continua trasformazione, diversa ogni ora, col pubblico libero di restare solo un minuto o tutto il giorno - e "Silver" (2022) - danza di corpi senza corpi.
    Domani, 21 luglio, Cristina Caprioli ritirerà il Leone d'Oro con una cerimonia in Ca' Giustinian.
   

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