"La sconfitta aveva su
Ayrton un effetto taumaturgico. Le vittorie sono nate sempre
dopo sconfitte e ingiustizie crudeli, un'umiliazione crudele.
Era questo che rendeva Senna il migliore". Stefano Fresi
commuove i ragazzi del Giffoni Film Festival parlando di "Io e
Ayrton", monologo dedicato al grande campione scomparso
esattamente 30 anni fa.
"E ' stato il più grande di tutti non per le sue epiche vittorie
ma per le sue epocali sconfitte. Vederlo rialzare da clamorose
cadute mi hanno emozionato fin da bambino. Non importa quanto
fossero dure le prove alle quali lo sottoponeva la vita" dice.
Fresi durante "La notte di Ayrton", un evento che si è tenuto
alla vigilia del 30/o anniversario della morte di uno dei più
grandi piloti di Formula 1 di tutti i tempi, nell'Autodromo di
Enzo e Dino Ferrari di Imola trasformatosi in quella occasione
in un set a cielo aperto, ha apparentemente fermato il tempo, lo
ha riattualizzato attraverso un racconto emozionante.
L'attore racconta a Giffoni Film Festival i momenti che hanno
preceduto quel momento: prima di calarsi nel monologo "Io e
Ayrton" e di recitarlo da fuoriclasse proprio lì per la prima
volta, ha dovuto entrare in quelle righe, in quel copione, in
quella storia. Lo dice ai ragazzi di Giffoni: "È un racconto di
identificazione e ispirazione. Per il ragazzo che si si ispira
al campione. Affronta sconfitte pesantissime ma ogni volta si è
rialzato. La soddisfazione dopo aver letto la prima volta tutto
il lavoro è stata grandissimo. Ero con mia moglie in cucina e
siamo scoppiati a piangere appoggiando la testa sul tavolo. Mia
moglie ha curato la musica".
Scritto dal regista e scrittore Giorgio J. Squarcia, il monologo
è una storia di redenzione ma anche di motivazione, che
attraversa un periodo molto lungo, il decennio 1984-1994, dalla
prima all'ultima gara in Formula 1 del pilota brasiliano. È il
percorso parallelo di Senna con quello di un giovanissimo
ragazzo italiano, il narratore. Il primo alle prese con gli
ostacoli delle gare, l'altro con i problemi di una vita
difficile. La sconfitta è elemento molto importante della vita
di Senna. Il ragazzo protagonista è un po' sfortunato ma poi lo
vede in tv e lo elegge a proprio supereroe. "Mi ha salvato la
vita", dice il giovane. Il compito di Senna probabilmente è
stato anche quello di salvare vite. Se un ragazzino ha la
possibilità di leggere sceneggiature che Senna inconsapevolmente
lasciava attraverso i suoi ritorni eterni, vuol dire che il
messaggio è forte. Un ragazzo di soli 13 anni dal destino
apparentemente segnato, guarda Senna e resta folgorato.
Osservando le gesta del campione, trova sia la forza per
superare le difficoltà che il coraggio di non arrendersi mai.
"Senna non voleva morire, in quella curva maledetta, ma voleva
vincere e ha spinto forte come sempre", chiude Fresi tra gli
applausi e la commozione dei ragazzi.
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