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Incisivo e coinvolgente Valerio Aprea al Teatro India

Incisivo e coinvolgente Valerio Aprea al Teatro India

Lettura-recita storia di un bambino scritta da Sandro Bonvissuto

ROMA, 21 ottobre 2024, 15:18

Redazione ANSA

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(di Paolo Petroni) Anche questa volta Valerio Aprea, per l'apertura di stagione del Teatro India, dove si replica sino al 27 ottobre e poi in tournée ''Il giorno in cui mio padre mi ha insegnato a andare in bicicletta'', racconto di Sandro Bonvissuto, ha scelto di presentarsi al pubblico e giocare senza rete, ovvero senza un regista, senza scenografie, senza un testo drammaturgicamente concepito, senza nemmeno filmati come è oggi di moda, ma da solo, in rapporto diretto con gli spettatori, protetto solo da un leggio, che potrebbe essere un limite e diventa invece strumento per un lavoro fatto col bulino, un'incisione del e sul testo, per farne risaltare i personaggi, con tutti i loro chiaroscuri, e le sorprese della scrittura.
    Dopo il tanto esercizio sui racconti di Mattia Torre ha scelto un testo diverso ma egualmente scritto con una sapienza espositiva che ne permette la teatralizzazione a una voce, perché insiste su più piani, parla di sentimenti, ma lo fa raccontando vita e azione, sviluppando una narrazione in prima persona che ha gli occhi, il sentire di un bambino di cinque anni, ma nel riviverlo di un adulto. Attorno gli crea una serie di figure ben caratterizzate, con qualche riflessione, come quella sul tempo o la polvere, tra cui a sorpresa mostra un rapporto meno banale di quel che potrebbe sembrare. Una storia di disagio e delusione che procede in discesa e poi risale improvvisamente alla fine con quello che, pur se previsto, risulta un colpo di scena, con la scoperta di ''a cosa serve un padre, che me lo chiedevo da sempre''. La scrittura è infatti sentimentale ma senza retorica, grazie a un gioco di attenzione comica al paradossale, al punto di vista infantile, tra stupori e speranze e delusioni, ma senza che il protagonista si arrenda mai davvero al potere dell'amico più grande, sei anni, e nonostante gli interventi puntuali di una ragazzina. ''E' che da piccoli, qualsiasi cosa succeda si resta amici: gli amici sono quelli che ti ritrovi lì attorno, come pesci in un acquario, poi da grande invece te li scegli, e non si sa se è meglio'' (citazione a memoria).
    Una lettura comunque, che si fa viva, che ti fa vedere quel che racconta, ma senza identificazione dell'attore col personaggio, che al massimo semmai è l'adulto che ricorda e sa coinvolgerti nella sua memoria. Aprea ci riesce benissimo, attraverso ovviamente le espressioni del viso (e fa anche, come da testo, ''un faccia da mucca al pascolo'') molto recitando con braccia e mani, ma con una sua misura espressiva, senza enfasi, incidendo con i gesti il detto, che vive ovviamente poi delle intonazioni, del variare di intensità, di scatti, di rallentamenti e accelerazioni fino all'esultanza finale, agli applausi, al suo riapparire in scena per i ringraziamenti pedalando su una bicicletta.
   

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