ROMA - "Tutti abbiamo trattato questo progetto come un figlio, perché parliamo di quello che è stato il figlio di tutti, ce ne siamo presi una grande cura. Era importante raccontare questa storia per tutti gli italiani che hanno sofferto e per Franca Rampi", che a Vermicino è stata "la mamma di tutti". Lo spiega Anna Foglietta, volto della mamma di Alfredo Rampi in "Alfredino - Una storia italiana", la miniserie Sky Original diretta da Marco Pontecorvo prodotta da Marco Belardi per Lotus Production, in prima tv in due appuntamenti il 21 e 28 giugno su Sky Cinema e in streaming su NOW.
Il racconto, con uno stile rigoroso che fa emergere la storia e i personaggi, ripercorre i fatti di Vermicino, ma guarda anche oltre, con la costruzione del Centro Alfredo Rampi (nato nel 1981, per volontà di Franca Rampi, poche settimane dopo i fatti per promuovere la prevenzione dal rischio ambientale e un miglioramento del soccorso, tecnico e psicologico, nelle emergenze, ndr) e le basi poste da Pertini per la nascita della Protezione civile. Pontecorvo ha seguito "una rotta precisa, etica nel raccontare la storia di Alfredo Rampi a 40 anni di distanza, cercando di non cadere nel melodramma e tenendo lontani il pietismo e la tv del dolore - sottolinea il cineasta in conferenza stampa -. Era una scelta dovuta nei confronti dei protagonisti di quella vicenda che appartiene all'Italia, entrata nel dna di tutti noi".
Nello straordinario cast con Anna Foglietta ci sono Luca Angeletti nel ruolo di Ferdinando, il padre di Alfredino (interpretato da Kim Cherubini); Vinicio Marchioni (Nando Broglio, il vigile del fuoco rimasto per ore a cercare di motivare Alfredino); Francesco Acquaroli nei panni del capo dei vigili del fuoco Elveno Pastorelli e Beniamino Marcone in quelli del suo braccio destro Marco Faggioli; Giacomo Ferrara e Daniele La Leggia, che interpretano due speleologi che provarono a raggiungere il bambino; Valentina Romani per la geologa Laura Bortolani; Massimo Dapporto per Sandro Pertini e Riccardo De Filippis nella parte di Angelo Licheri, l'"Angelo di Vermicino", il volontario che calandosi nel pozzo raggiunse Alfredino ma non riuscì ad afferrarlo. "So che Licheri - aggiunge Pontecorvo - sta vivendo una condizione non facile (per gravi problemi di salute ed economici, ndr), aiutiamolo".
Nell'affrontare quella che è "una ferita aperta" per il Paese, come sottolineano i protagonisti della miniserie, "non ho voluto vedere nulla delle immagini di repertorio e non ho conosciuto la signora Franca Rampi per rispettare la volontà di questa donna, che ha dimostrato ancora una volta grande dignità nel dolore. La porto dentro e credo che mi abbia sempre tenuto per mano - sottolinea Anna Foglietta -. La stimo infinitamente, in quei giorni era la mamma di Alfredo e di tutti, attenta, proattiva, disponibile anche verso tutte le persone che cercavano di aiutare suo figlio ad uscire da quel maledetto pozzo. Per reagire così ci vogliono un'anima, energia, forza, preparazione, empatia straordinarie". C'è chi "ha fatto sciacallaggio mediatico", criticandola, ma "lei in quei giorni ha controllato il suo dolore per far emergere la sua parte più reattiva, come una leonessa, sempre pronta a difendere mai ad attaccare". Per l'attrice è stato "forse il ruolo più difficile della carriera". E' stato fondamentale "il supporto di Pontecorvo, di tutto il cast e mi ha aiutato durante le riprese anche ascoltare molto La cura di Battiato".
Quello che "ci ha davvero convinto a realizzare il progetto - spiega Antonella d'Errico, Executive Vice President Programming di Sky Italia - era il fatto che questo fosse il quarantennale del Centro Rampi e che il progetto sia stato sviluppato insieme a loro. Qui si accende un faro non solo sulla tragedia, ma su tutto quello di positivo che è nato dopo". "Fino ad oggi nominare Alfredino Rampi porta ancora gli italiani a cadere nel pozzo, nel dolore, nell'angoscia, nella rabbia, nell'impotenza per non averlo potuto salvare - spiega la psicoterapeuta Rita di Iorio, presidente del Centro Alfredo Rampi - . Pochi hanno potuto elaborare questo dramma e il sapere che quella morte non è stata inutile. Per la prima volta dopo 40 anni abbiamo detto sì a un progetto che ripercorresse i fatti, perché abbiamo sentito che c'era la volontà di raccontare per ricordare, ma non soffermandosi solo sul dolore".
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