Ironico, solitario, mago dei dettagli, aveva una genialità tutta sua Paolo Beldì, il regista di Fabio Fazio, Adriano Celentano e di tre edizioni del Festival di Sanremo, trovato senza vita nella sua casa di Magognino, una frazione di Stresa nel Verbano Cusio Ossola. Nato a Novara l'11 luglio 1954, avrebbe compiuto 67 anni tra pochi giorni. Il 2 luglio era atteso dagli amici al circolo di Levo per seguire la partita della Nazionale italiana contro il Belgio, ma non si è mai presentato. Super appassionato di calcio, grande tifoso della Fiorentina, per lui la vittoria degli Azzurri sarebbe stata un bel regalo di compleanno. Figlio di Aldo Beldì, uno dei più importanti pubblicitari degli anni Cinquanta-Sessanta , Beldì ha avuto con Fabio Fazio un lunghissimo sodalizio partito con 'Diritto di replica' e continuato, dal 1993 al 2009 con 'Quelli che il calcio' , anche con Simona Ventura. E non si può dimenticare il programma cult 'Anima mia' con Fazio e Claudio Baglioni. "Con Paolo Beldì abbiamo lavorato insieme dieci anni straordinari. Avevamo raggiunto un'intesa pazzesca a 'Quelli che il calcio', lui con le immagini partecipava al dialogo, commentava, interveniva. La sua regia parlava ad alta voce, quasi sempre ironizzando" ricorda ora in un tweet Fabio Fazio. E Simona Ventura fa un ringraziamento postumo: "Quando sono arrivata a Quelli che il calcio nel 2001 ho pensato che, per mia fortuna, tu fossi rimasto. Sei stato guida preziosa, uno dei pochi registi che ha creato uno stile, una cifra tutta sua. Non ti dimenticherò mai, grazie Paolo... te l'ho detto troppo tardi" scrive in un tweet. Amico di Adriano Celentano è di Paolo Beldì, tra l'altro, la regia di 'Svalutation', 'Francamente me ne infischio', Rockpolitik e anche, nel 2012, di 'Rock Economy'. Regista di tre edizioni del Festival di Sanremo, quelle del 1999 e del 2000 condotte da Fabio Fazio e del 2006 da Giorgio Panariello, nel novembre 2009 ha collaborato anche con Gianni Morandi per lo show Grazie a tutti' su Rai1. Da giovanissimo Beldì aveva scritto jingle per caroselli e sigle. La sua capacità di far ridere la aveva scoperta a Radio Azzurra e a Onda Novara alla fine degli anni '70. Poi è arrivata la tv con l'ingresso ad Antenna 3 grazie a Beppe Recchia, dove Paolo Beldì ha conosciuto Enzo Tortora, Walter Chiari e Teo Teocoli. Dopo programmi come Mai dire Banzai e Mai dire mundial, nella neonata Fininvest degli anni Ottanta - l'attuale Mediaset - periodo in cui firma anche le musiche originali di Drive in - ha esordito nel varietà grazie ad Antonio Ricci che lo chiamò a dirigere 'Lupo Solitario' e poi 'Matrjoska'. Ma è negli anni Novanta, con l'approdo in Rai, che arrivano i grandi successi: il programma della svolta è 'Mi manda Lubrano' dove per la prima volta indugia sui dettagli. Le sue inquadrature, il suo occhio su particolari anche insignificanti, le scarpe, i calzini, rivoluzionano lo stile televisivo. Come dice Andrea Vianello in un tweet "Paolo Beldì divertiti anche lassù e inquadraci tutti dall'alto (anche senza piedi)". E sottolinea: Se ne va un grande della tv, un creatore di idee, un funambolo della telecamera e un artista dietro le quinte. In più una persona perbene e , per me, un amico affettuoso". Beldì firma, tra l'altro, anche 'Su la testa' di Gino e Michele con Paolo Rossi e nel 1995 è il regista di Stelle di Natale con Nino Manfredi, Gigi Proietti, Lino Banfi, Anna Marchesini e Antonio Albanese. Tante le collaborazioni anche con i grandi della musica, dai concerti di Gigi D'Alessio a quelli di Zucchero, Celentano e Morandi. Alla domanda che più spesso si sentiva rivolgere ha anche dedicato un libro 'Perché inquadri i piedi?', pubblicato nel 1996 da Zelig.
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