"Penso che la Rai sia
servizio pubblico e l'informazione è un bene comune, come la
sanità o la scuola. È un servizio essenziale. Chi fa servizio
pubblico da qui deve partire. La Rai è un luogo dove esercitare
partecipazione democratica, vigilanza, responsabilità e
resistenza". Lo ha detto all'ANSA Marco Damilano, commentando le
polemiche di questi giorni sull'azienda pubblica e la sua scelta
di rimanere: tornerà infatti su Rai 3 con la nuova stagione del
suo programma di approfondimento in access, Il cavallo e la
torre.
Il giornalista ha toccato il tema al termine dell'incontro
del quale è stato protagonista con Filippo Ceccarelli (autore
del libro sul Cavaliere, 'B - Una vita troppo', ndr), alla 23/a
edizione del Libro Possibile, il festival sostenuto da Pirelli,
in corso a Polignano a Mare fino al 13 luglio e poi dal 23 al 27
luglio a Vieste. Nella conversazione sul palco, moderata da Enzo
Magistà, Damilano è partito dal suo saggio La mia piccola Patria
- Storia corale di un paese che esiste (Rizzoli), racconto di
80 anni di storia d'Italia, dal 1943 a oggi, dalla Resistenza
alle nuove sfide. "Oggi c'è un'Italia diversa. Ottant'anni fa
la democrazia era una grande promessa di futuro, mentre oggi
quella promessa sembra essere stata tradita. Abbiamo visto alle
ultime elezioni europee, che più della metà del Paese non è
andato a votare, vuol dire che le persone non ci credono più.
Questa è la grande differenza e tutti quelli che fanno politica,
a partire da chi sta al governo dovrebbe preoccuparsene, anziché
contendersi quella parte sempre più minoritaria di elettorato
che ancora va a votare".
Fra i temi del dialogo condotto insieme a Ceccarelli, c'è
anche la scelta di dedicare l'aeroporto di Malpensa a Berlusconi
("fatemi dire che preferisco il murale dedicato a Michela Murgia
nel quinto municipio di Roma") e l'impatto del leader di Forza
Italia sul Paese: "Lui era un personaggio che conosceva un solo
tempo verbale, il presente. Non ha quasi mai parlato di passato,
se non per la sua biografia. Berlusconi non c'è più ma questo
Paese che lui in qualche modo ha plasmato si ritrova in un
eterno brutto presente, come in gabbia, ed ha seri problemi a
pensare al futuro. È un Truman show dove non ci sono più né
Truman, né lo show".
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