E' arrivato in sala NOPE, il nuovo film di Jordan Peele, premio Oscar per la sceneggiatura con "Get Out" che peraltro nel 2018 fece incetta di candidature e premi tra i Golden Globes e l'Academy. NOPE è uno strano oggetto cinematografico che potrebbe diventare anche in Europa la sorpresa dell'estate; magari non eguaglierà gli incassi di altri blockbuster per teenagers come "Minions", ma garantisce anche al pubblico adulto una riposante sosta dalle parti del miglior cinema d'autore che non teme di usare le armi del genere, tra fantascienza e horror. Chi ricorda la gloriosa generazione di George Romero, John Carpenter (maestro indiscusso di questo splendido quarantenne afroamericano), Joe Dante e del primo Sam Raimi, non potrà ignorare un fremito nostalgico per la stessa libertà creativa, l'ambizioso sottotesto ideologico e il ribellismo anticonformista di quegli splendidi anni '70 di Hollywood. Jordan Peele ci aggiunge,fin dagli esordi, una forte vena identitaria e antirazzista facendo del britannico Daniel Kaluunya il suo alterego sullo schermo.
Cosi si capisce bene che la cosa paradossalmente meno importante del nuovo film è proprio la trama: Oj ed Em (Daniel Kaluuya e Keke Palmer) sono fratello e sorella e vivono allevando cavalli in una sperduta gola della California. Lui sogna un ranch di famiglia, soprattutto dopo che il padre muore misteriosamente, colpito da un oggetto piovuto dal cielo. Em invece si immagina già ad Hollywood, futura reginetta del cinema. Invece gli affari di famiglia vanno male, i cavalli sono inquieti e spariscono nel nulla uno alla volta. Pian piano cominciano a credere che il fenomeno abbia a che fare con gli alieni e che faranno fortuna immortalandone la presenza. In effetti una strana e immobile nuvola li sovrasta dal cielo… Andare avanti nella trama equivarrebbe al più scorretto degli spoiler;basti dire che il film usa effetti speciali e spaventi per far entrare nell'inconscio degli spettatori un allarme anche più minaccioso: è sempre bene guardare ciò che non capiamo fino in fondo? Cosa vuol dire guardare? Insomma NOPE può essere letto come una spettacolare metafora sul senso del cinema e sul nostro vivere immersi nella società delle immagini. Ma vista l'etnia dei protagonisti si può anche pensare a un nuovo capitolo di quella saga dedicata al riscatto afroamericano che Jordan Peele ha avviato con "Get Out" e sviluppato con "Us" del 2019. Non sarà un caso che Oj abbia tra i suoi antenati il fantino di colore ripreso da Eadweard Muybridge nel 1878, il vero antenato del cinema come lo conosciamo. Peele mescola con grande abilità temi della cultura americana, dal western all'horror, dalla ferita razziale alla fantascienza. Ogni spettatore può trovare la sua chiave di lettura per la gioia dei manager di Universal che distribuiscono NOPE nel mondo.
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