LAMBERTO MAFFEI, ELOGIO DELLA LENTEZZA (IL MULINO, PP. 146, 12 EURO). 'Festina lente', affrettati lentamente: era solito dire l'imperatore Augusto secondo quanto tramandatoci da Svetonio. Un motto che è un ossimoro, ma che concentra nella sua contraddizione l'essenza di una saggezza antica, quella che vede l'impulso dell'agire accompagnato dal ragionamento e dalla prudenza. Da qui, proprio guardando la tartaruga con la vela, il simbolo - dipinto dal Vasari negli affreschi di Palazzo Vecchio - scelto da Cosimo I de' Medici per rappresentare le proprie azioni, inizia la riflessione di Lamberto Maffei, nel suo affascinante saggio 'Elogio della lentezza', edito dal Mulino.
Presidente dell'Accademia dei Lincei ed ex direttore dell'Istituto di Neuroscienza del Cnr, Maffei guarda con gli occhi di uno scienziato-umanista il mondo irrequieto e fragile dei nostri tempi, indicando nel ritorno alla lentezza la strada da seguire. Se la rapidità è la parola d'ordine con cui regoliamo le nostre vite, ebbene questa rapidità non è poi così congeniale alla razza umana. Più che altro è un'utopia, quella di correre per accelerare il tempo e arrivare prima, qualunque cosa questo 'prima' possa rappresentare. Maffei lo spiega con un linguaggio chiaro e a tratti affabulatore, ma il suo non è un trattato di sociologia, o almeno, non solo. L'autore infatti ricorre al cervello e ai complessi meccanismi che ne regolano il funzionamento e dimostra che restituire al tempo la sua giusta dimensione è un lusso che forse varrebbe la pena concedersi. Se non altro, perché è proprio la scienza a dircelo. Il cervello infatti è una macchina lenta: se da una parte possiede meccanismi automatici, istintivi e quindi veloci di risposta all'ambiente, è altresì vero che esso si costruisce nella lentezza. In un'epoca dominata dalla comunicazione visiva e dal digitale, il cervello quasi diviene un ibrido dei tanti strumenti tecnologici con cui è chiamato continuamente a entrare in contatto. Ma le risposte veloci che elabora nulla hanno a che fare né con i meccanismi automatici né con il guizzo dell'intuizione, bisognosi entrambi dell'elaborazione 'lenta'.
Al contrario, questo 'hic et nunc' del pensiero rapido diviene alleato del consumismo, perché, riflette l'autore, "anche il consumo deve essere rapido per cambiare desiderio altrettanto rapidamente e tornare a comprare". Una "bulimia dei consumi", dunque, che si associa alla cronica "anoressia delle idee". Per questo Maffei riporta in primo piano la lentezza della comunicazione scritta e parlata e la possibilità di pensare.
Certo, c'è un prezzo da pagare: il pensiero lento non è comodo, crea molti dubbi e presuppone anni di studio per un'istruzione solida, che parta dalla conoscenza del passato per aprirsi al futuro. Ma è l'unico che possa rendere la mente il regno della creatività e dell'immaginazione. Impedendo al contempo che compaia una nuova arte "dove la poesia è un tweet e la pittura una pennellata". La conclusione? Nell'era dei nanosecondi e delle tecnologie più sofisticate (ma anche delle tristi corse al negozio per l'ultimo modello di smartphone) forse è ancora il cervello la macchina più perfetta, misteriosa e affascinante che ci sia.
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