ORIANA FALLACI, SI DA' IL CASO INVECE CHE IO SIA DAVVERO UNO SCRITTORE (De Piante Editore, pp.34, 30 Euro). "Tu sai meglio di me che questo libro è una delle cose più difficili cui uno scrittore potesse accingersi. Lo è non solo per la complessità del personaggio che racconto ma perché questo personaggio non lo guardo con distacco, è la creatura che ho amato di più nella mia vita e che è morta appena quattro mesi fa. Lo è per il conflitto che nasce tra fantasia e realtà, bisogno di inventare e dovere di rispettare la verità, scelta tra ciò che posso e non posso dire".
Appassionata e devastata dal dolore, ma assai lucida, Oriana Fallaci scriveva così tra il 1976 e il 1977 a Sergio Pautasso, all'epoca direttore letterario della 'sua' Rizzoli, nella genesi travagliata di "Un uomo", il libro nel quale la scrittrice rese omaggio al suo compagno Alexandros 'Alekos' Panagulis, poeta e politico morto in un incidente stradale dai contorni poco chiari. Tre lettere ancora inedite che la Fallaci scrisse a Pautasso investendolo del ruolo di suo consigliere sono raccolte nel prezioso libro "Si dà il caso invece che io sia davvero uno scrittore", edito da De Piante (postfazione di Guido Andrea Pautasso e sovraccoperta d'artista di Luca Pignatelli).
Pautasso, fine intellettuale, era per la scrittrice una sorta di confessore, "una radio di bordo per tenere la rotta", un punto fermo a cui aggrapparsi in uno dei momenti più difficili della sua vita privata e professionale: mentre era intenta a scrivere forse il suo lavoro più intimo e più bello, che nel 1979 fu un successo mondiale, la scrittrice si trovò immersa nella più cupa solitudine, intenta a dialogare con "il fantasma di un morto".
E proprio perché troppe erano le implicazioni personali, combatté anche con il dubbio di non riuscire a scrivere nel modo giusto di Panagulis: voleva rendere giustizia alla sua vita, raccontarne il valore, ma senza scrivere un'agiografia. Dura, e anche fragile, la Fallaci confidò a Pautasso le sue paure, ma anche il suo risentimento: nei confronti della Rizzoli, colpevole di non averla compresa, verso il sistema editoriale, e contro quel destino che si era accanito e che l'aveva sfiancata nelle fisico e nell'anima. Nelle lettere, cariche di emotività ma sempre nello stile che l'ha resa celebre, Fallaci si mostrò nuda nella propria difficoltà, tuttavia di certo mai pronta ad abbassare la testa e a rinunciare al suo carattere volitivo. Affermando con forza in una delle missive: "Si dà il caso invece che io sia davvero uno scrittore. Inevitabilmente uno scrittore, irrimediabilmente uno scrittore. Prestato, solo prestato al giornalismo".
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