GIAN ARTURO FERRARI, RAGAZZO ITALIANO (FELTRINELLI, PP 310, EURO 18,00). Bambino nell'Italia del dopoguerra, cresciuto nella provincia contadina, tra i paesi con nomi d'invenzione di Querciano e Zanegrate. Ragazzino con un po' di balbuzie che "non aveva abilità né virtù al di fuori di quelle legate alla memoria e al ricordare, dunque ai libri". Ragazzo nella Milano riformista, della prima rivoluzione industriale. E' Ninni/Piero, il protagonista di 'Ragazzo italiano', il romanzo d'esordio di Gian Arturo Ferrari, esponente di primo piano dell'editoria, pubblicato da Feltrinelli che con questo titolo potrebbe tornare al Premio Strega, disertato da anni.
A 76 anni Ferrari esordisce nella narrativa con un libro di formazione di matrice autobiografica, dove vicende reali e inventate si intrecciano, in cui la storia personale si riflette in quella di un'Italia che non esiste più, ma resta viva nella memoria di molte persone. Un paese uscito dalla guerra, dove i rapporti tra le persone sono duri, in cui c'è tanta povertà ma anche tanta voglia di rialzarsi, di progettare, dove c'è ansia ma si crede nel futuro, dove l'avvenire è pieno di promesse e dove la scuola è la molla di promozione sociale. Così negli anni del liceo classico, Ninni - che ha lasciato per volontà del padre, con cui ha un rapporto irrisolto, il suo nomignolo da bambino e si fa chiamare con il suo nome, Piero, che in verità all'anagrafe sarebbe Pieraugusto - forma un trio scolastico con cui avvia l'operazione "grandi intellettuali rispondono ai liceali". Tra i dieci personaggi interpellati tutti si rendono disponibili, con sorpresa degli studenti, compreso il grande poeta Eugenio Montale, anche se non viene esplicitamente nominato, che "lavorava in un grande quotidiano e fissò l'appuntamento con loro in una specie di parlatorio accanto all'ingresso" racconta Ferrari. "Fumava ininterrottamente, teneva gli occhi bassi, fissi sul portacenere di formaldeide con sopra scritto 'Cinzano', dove si venivano accumulando i mozziconi. Non era affatto scontroso, più loquace anzi e più gentile della sua fama, con un fondo curioso e divertito" dice.
Primo della classe, al liceo, durante le assemblee Piero riscuote grande successo e smette di tartagliare: "stupefatto si sentì parlare tutto dritto, senza il minimo inciampo".
Nel romanzo, in terza persona, con uno stile scorrevole e un timbro sincero, anche l'arrivo della televisione "il più strabiliante, il più rivoluzionario degli elettrodomestici" che risollevò le sorti del bar di Querciano dove Ninni/Piero "oltre al televisore si divertiva a guardare i vecchi contadini immobili, il cappello sulle ginocchia, gli occhi fissi sullo schermo, solo il pomo di Adamo che andava su e giù. Come se vedessero la Madonna".
Nell'infanzia e adolescenza di Ninni domina la figura dell'amatissima nonna che piange quando capisce che non si potrà più mungere a mano e grazie alla quale scopre i mondi che aprono i libri. Ma vede anche la fine della civiltà contadina travolta dalla prima rivoluzione industriale dove a rivelare l'anima dei tempi sono gli elettrodomestici. "Un turbine, un vortice, un'inondazione di frigoriferi, cucine, lavatrici, aspirapolvere, lucidatrici, frullini, asciugacapelli, tostapane, macinini, forni, eccettera eccettera" racconta Ferrari, che è stato professore all'Università di Pavia e in Mondadori ha coperto diversi incarichi tra cui quello di direttore generale e vicepresidente, ha presieduto il Centro per il Libro e la Lettura ed è autore del saggio 'Libro' (Bollati Boringhieri).
La storia si svolge per la maggior parte in una Milano distrutta ma dove c'era un grande voglia di ricostruire e dove le differenze tra le classi sociali erano evidenti, ma si conclude a Delfi, in Grecia, con una promessa d'amore.
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