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WISLAVA SZYMBORSKA - KORNEL FILIPOWICZ, ''MEGLIO DI TUTTI AL MONDO STA IL TUO GATTO. Lettere 1966-1985'' (elliot, pag. 437, euro 25,00).
Dalla prima all'ultima lettera non hanno mai smesso di chiamarsi ''amore'', Wislava Szymborska e Kornel Filipowicz, poetessa premio Nobel e scrittore di successo, polacchi, legati da reciproca passione ma a distanza senza mai vivere insieme.
Poprio per questa distanza, un po' casuale un po' cercata, si sono scritti praticamente tutti i giorni nei quasi vent'anni in cui si sono amati. Anni cruciali per il destino del mondo diviso in due, e soprattutto per quei paesi dell'Est Europa dove gli era permesso circolare. Un mondo in cui scrivere era ancora l'unica (quasi) soluzione per comunicare, ma in cui non si poteva dire tutto e tantomeno scrivere di tutto. Così questa meravigliosa corrispondenza viaggia su alcuni canoni significanti di grande intensità. C'è il quotidiano, perchè bisognava dirsi mettendole nero su bianco anche alcune cosa banali che oggi affidiamo ai molteplici messaggi che viaggiano sugli smartphone. Compra il latte, insegnami la ricetta, portami le medicine, lascia le chiavi sotto lo zerbino: deliziose pratiche di vita che ci insegnano molto del loro quotidiano. Poi c'è il dialogo amoroso che non viene mai meno e assume toni commoventi perchè nel tempo, tra tante peripezie, non perde mai il suo smalto. Intenso ma sempre educato, rispettoso, composto, dove solo la gelosia a volte tracima leggermente nella morbosità ma per spesso ritrovare i toni dell'ironia che sono predominanti. Spesso i due amanti vestono i panni di personaggi di finzione persino: la contessa Heoliza di Lanckorona, con le sue pretese snob, il signor Tulczynsli, o la domestica Rozia e i gatti, appunto. Non dimenticano mai di essere due scrittori, e su questo si confrontano si chiedono consiglio, mentre invece tengono per lo più celato il nodo della storia che li avvolge.
La corrispondenza, che si trova attualmente per volere della premio Nobel nella Biblioteca Jargellonica a Cracovia, è in se' un'opera d'arte che trasuda il dolore di quegli anni nei silenzi. Solo l'invasione della Cecoslovacchia del 1968 è qualcosa di così grande per loro, forse uno spartiacque, da non poterlo tenere fuori dalle lettere dove entra così spesso invece la passione. A partire da quella per la pesca di Filipowicz. O anche la malattia di Szymborska, che passa più di sei mesi chiusa in sanatorio. Ma è un'opera d'arte anche perchè le pagine si animano di disegni, cartoline, collage, frammenti visivi di un'esistenza affidata totalmente alle parole. ''Sono di nuovo triste. Di nuovo ho la sensazione che le cose più importanti non siano state dette. In questo dannato stato di arresto tutto deve essere trasformato in parole, eppure non tutto si può, si dovrebbe, trasformare in parole'', scrive Winslawa Szymborska dal sanatorio il 23 agosto del 1968. Ma questa sarà invece la condizione, la forza, della sua, della loro vita, trasformare tutto in parole.
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