Alle famiglie più povere, con il decreto che arriverà venerdì sul tavolo del Cdm, arriverebbe uno 'sconto' Irpef di 714 euro. Il calcolo è dell'Istat ed è stato fornito durante l'audizione in Parlamento sul Def. Ma dal tradizionale giro di audizioni arrivano però anche dei dubbi: in particolare dalla Banca d'Italia, che esprime preoccupazioni sulle coperture della misura di sgravio. Ma il governo rilancia: non solo gli sconti Irpef nelle buste paga di maggio (che dovrebbero riguardare anche i cosiddetti 'incapienti', cioè quelli che guadagnano sotto gli 8.000 euro annui ai quali arriverebbe uno sconto tra i 40-50 euro), perché, a giugno - annuncia il sottosegretario alla presidenza, Graziano Delrio, ''nella delega fiscale dobbiamo prevedere un aiuto alle famiglie con figli a carico. Dobbiamo fare in modo che le famiglie siano tassate per il loro reddito reale e non potenziale''. E sono già annunciati dallo stesso Matteo Renzi interventi per i pensionati al minimo.
Il voto del Def ci sarà giovedì. E' necessario approvare la ''deroga'' al rientro del deficit contenuta nel documento per poi varare venerdì il decreto che taglia l'Irpef. E' un passaggio decisivo per approvare le misure, ma anche per le sorti del governo, che dovrà passare sotto le forche caudine previste per questa eccezione all'articolo 81 della costituzione. Servirà infatti il voto a maggioranza assoluta delle due Camere e i numeri al Senato sono molto stretti.
Superato questo scoglio l'appuntamento è con il decreto per il taglio dell'Irpef. L'Istat calcola che il guadagno medio annuo dello sconto previsto dal Governo sarà di 714 euro per le famiglie più povere (primo quintile). Lo sconto scende via via fino a 451 euro per le famiglie più 'ricche'. Cioè si passa dal 3,4% del reddito allo 0,7%. Mentre il taglio del 10% dell'Irap previsto dal Governo riguarderà 620mila imprese vale a dire il 72,2% (circa due su tre) delle società considerate. E questo a causa del fatto che c'è ''un'elevata presenza di imprese con base imponibile negativa o nulla a fini Irap''. In questa situazione ''a differenza delle imprese, sembrano consolidarsi segnali univoci di rafforzamento dell'ottimismo delle famiglie sulla situazione economica generale''. Ma la vera 'medicina' è la crescita stabile e duratura senza la quale sarà impossibile aggredire il problema principale: la disoccupazione. ''Dal 2008 al 2013 - dice Istat - la perdita è stata di quasi 1 milione di occupati (-984.000 pari al 4,2%)''. E questo con differenze territoriali che si sono amplificate col Mezzogiorno che rispetto al 2008 ha registrato un calo del 9% contro il 2,4% del Nord. Ma anche con caso limite come quello dei cinquantenni a rischio (più di 1,2 milioni) perché ''troppo giovani per la pensione, troppo vecchi per ritrovare il lavoro in assenza di politiche efficaci''.
Dunque è solo la crescita a poter intervenire su questa situazione occupazionale difficile senza mettere a rischio la tenuta dei conti pubblici. E infatti Bankitalia dice che ''per il progressivo riassorbimento della disoccupazione, specie della componente giovanile, più colpita dalla crisi, è necessaria una crescita robusta e duratura''. Ma c'è un problema: ''nel 2015 i risparmi di spesa indicati come valore massimo ottenibile dalla spending review non sarebbero sufficienti a conseguire gli obiettivi programmatici'' e tra questi proprio il taglio delle tasse. Fi e Renato Brunetta partono subito all'attacco, con l'ex ministro che parla di ''inconsistenza delle coperture pomposamente annunciate dal presidente del Consiglio''. Ma comunque da Via Nazionale si incita il Governo: ''e' importante che l'azione riformatrice sia nei fatti incisiva e coerente''. E anche la Corte dei Conti sottolinea ''l'urgenza e l'ineludibilità di scelte coraggiose e riforme profonde, in grado di incidere sui fattori che ostacolano la crescita''. Anche perchè la 'sfida della crescita' - dice la magistratura contabile - ''è una sfida che rischia di essere senza prove di appello''.
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