Chiedere il Tfr in busta paga mese per mese, lasciarlo in azienda per averlo quando si lascia il lavoro o versarlo ai fondi pensione per garantirsi una vecchiaia economicamente più tranquilla? A breve i lavoratori italiani potrebbero dover scegliere la destinazione della propria liquidazione ma la decisione si prospetta come un vero e proprio rebus che dovrà tenere conto di molte variabili.
I pro e i contro delle diverse possibilità:
IL NODO TASSE, SALTANO GLI 80 EURO SE SI SFORA TETTO BONUS?: È un po' la premessa. La convenienza delle scelte dipenderà sia dalle decisione sull'aliquota con la quale sarà tassato il Tfr in busta paga sia dall'eventuale sforamento con questa richiesta del tetto fissato per l'ottenimento del bonus fiscale (i cosiddetti 80 euro per chi è al di sotto dei 1.500 euro al mese). Chi sforerà il tetto prenderò ancora il bonus? Lo si saprà solo quando il progetto dell'esecutivo sarà definito, ma attualmente, chi prende il Tfr perchè cambia impiego non lo somma ai redditi da lavoro e nella dichiarazione dei redditi esiste già uno spazio per la tassazione separata. Si presuppone naturalmente che il progetto allo studio del Governo tenga conto sia di questo possibile sforamento sia dell'eventuale passaggio con il Tfr in busta paga all'aliquota fiscale più alta.
TFR IN BUSTA PAGA; POCHI MALEDETTI E SUBITO: potrebbe essere una soluzione, se la tassazione fosse comunque agevolata come quella per il Tfr, per quei lavoratori con stipendi bassi che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese o per quelli con contratti a termine. Con uno stipendio di circa 1.300 euro netti al mese e il Tfr interamente in busta lo stipendio potrebbe aumentare di poco meno di 100 euro. Se invece l'ipotesi dovesse riguardare solo il 50% del Tfr l'importo in busta sarebbe dimezzato. Aumentano i consumi nell'immediato ma si rinuncia sia al ''tesoretto'' una volta usciti dal lavoro (utile per l'acquisto della casa ma anche in caso di licenziamento per sostenersi mentre si ricerca un nuovo lavoro) sia al versamento ai fondi integrativi e quindi all'aumento della propria pensione complessiva.
TFR NEI FONDI PENSIONE, LA SCELTA PREVIDENTE: Destinare il proprio Tfr nei fondi pensione significa obbligarsi a un risparmio previdenziale che potrebbe essere molto utile in futuro dato che la pensione pubblica sarà in media più bassa di quanto sia stata in passato a parità di contributi. Chi va in pensione adesso va ancora con il calcolo retributivo perchè aveva più di 18 anni di contributi nel 1995 ma tra pochi anni si andrà con assegni calcolati per la parte maggiore con il contributivo. Versare ai fondi significa inoltre assicurarsi il contributo del datore di lavoro (tra l'1% e l'1,8% della retribuzione a secondo di quanto previsto nei contratti) che si perderebbe qualora si tenesse il Tfr in azienda o lo si chiedesse in busta paga.
Infine i fondi pensione negli ultimi anni hanno assicurato in media un rendimento sul proprio versamento più alto rispetto al Tfr lasciato in azienda (+5,4% i fondi chiusi e +12,2% i piani individuali di previdenza - Pip - che comunque hanno costi di gestione più alti e non possono contare sul contributo del datore di lavoro contro l'1,7% del Tfr in azienda secondo gli ultimi dati della Covip riferiti al 2013). Per ora una parte minoritaria dei lavoratori si è iscritta a un fondo chiuso (mentre crescono velocemente le adesioni ai piani previdenziali individuali ma soprattutto dai lavoratori autonomi rispetto ai dipendenti). Nel complesso sono iscritti a forme di previdenza integrativa 6,2 milioni di lavoratori con un flusso annuo di oltre 12,5 miliardi (5,2 miliardi dei quali da Tfr maturando).
TFR IN AZIENDA, LA SCELTA TRADIZIONALISTA: l'Italia sarà l'unico Paese ad avere il Tfr ma gli italiani ci sono molto affezionati e fanno fatica a rinunciare all'idea di avere una sorta di ''cuscinetto'' che lascia più tranquilli quando si smette di lavorare. Inoltre il Tfr può essere chiesto dopo aver lavorato nella propria azienda per almeno 8 anni per il 70% dell'importo per l'acquisto della casa, per spese sanitarie e per l'istruzione, praticamente le tre principali ragioni di preoccupazione delle famiglie. Lasciare il Tfr in azienda significa anche qui obbligarsi a un risparmio in previsione di tempi più difficili o anche dell'eventualità di un licenziamento per fare fronte alle spese nel caso non sia sufficiente (per l'importo e per la durata) il solo Aspi.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA