La riforma della Pa sulla dirigenza "aumenta i margini di discrezionalità per il conferimento degli incarichi", con un "insieme di elementi che potrebbero sacrificare l'autonomia dei dirigenti". Così il presidente della Corte dei Conti, Raffaele Squitieri, nel corso di un'audizione sulla delega Pa al Senato.Â
I profili più critici della riforma della Pa riguardano "alcune deleghe, in particolare sulla dirigenza e sulle società partecipate". Così il presidente della Corte dei Conti, Raffaele Squitieri, a margine dell'audizione al Senato sulla delega di riforma della Pubblica Amministrazione. In particolate, sulle partecipate, per Squitieri "bisognerebbe distinguere tra i diversi tipi". Tuttavia, nel complesso, per Squitieri il ddl rappresenta un progetto "coraggioso".
La Corte dei Conti, infatti, ha già avuto modo di sottolineare la necessità di "assicurare la flessibilità dei modelli organizzativi e la salvaguardia di un'effettiva autonomia dei dirigenti nei confronti degli organi politici", in un quadro "basato sulla separazione tra indirizzo politico e attività gestionale". Squitieri, nel suo intervento alla commissione Affari costituzionali di palazzo Madama, avverte che invece "la riforma proposta non sembra garantire questo punto di equilibrio", aumentando la discrezionalità nel conferimento degli incarichi, "solo in parte temperata dalla previsione di requisiti legati alla particolare complessità degli uffici e al grado di responsabilità che i dirigenti sono chiamati ad assumere". Per Squitieri gli elementi critici sono in particolare rappresentati da: "l'abolizione della distinzione in fasce"; "la breve durata degli incarichi attribuiti; il rischio che il mancato conferimento di una funzione possa provocare la decadenza del rapporto di lavoro".