Brusca frenata per l'economia americana, che nel primo trimestre inchioda e cresce solo dello 0,2%. Una battuta d'arresto, decisamente al di sotto delle attese degli analisti, che arriva come una doccia gelata sulle piazze finanziarie dei due continenti. Wall Street apre negativa, ignorando i segnali di miglioramento che giungono invece dal mercato immobiliare, e peggiora nel corso della seduta.
La Fed aiuta solo a contenere le perdite. La banca centrale lascia i tassi invariati, parla di crescita moderata e ritiene il rallentamento economico invernale un fattore ''temporaneo''. Di fatto - secondo gli osservatori - la Fed segnala che un aumento dei tassi nei prossimi mesi è ancora sul tavolo, anche se la tempistica della prima stretta dal 2006 è sempre più incerta. La Fed ha ipotizzato in marzo un aumento dei tassi in giugno, rimuovendo il termine ''paziente'' su una stretta dal comunicato. Il presidente della Fed, Janet Yellen, aveva però avvertito: questo non significa che saremo impazienti. La Fed si è quindi 'regalata' una maggiore flessibilità di azione per poter rispondere, senza sorprese sul mercato, all'andamento dell'economia. I tassi saliranno quando ci sarà una ''ragionevole fiducia'' sul fatto che l'inflazione si muove decisa verso l'obiettivo del 2% e che il mercato del lavoro continua a migliorare. ''La crescita economica è rallentata durante i mesi invernali, riflettendo in parte fattori temporanei'' afferma la Fed, sottolineando che nonostante il rallentamento è previsto un ritorno a una crescita moderata grazie a una ''politica monetaria accomodante''. Il pil americano è cresciuto di un modesto 0,2% nei primi tre mesi dell'anno, sotto il +1% atteso dagli analisti e in decisa frenata rispetto al +2,2% del quarto trimestre 2014. Il dato segnala il ritorno a una ripresa incerta, quella che ha caratterizzato i quasi sei anni di crescita economica. A pesare sulla frenata la corsa del dollaro, le temperature rigide e il calo degli investimenti delle aziende, soprattutto quelle energetiche rallentate dal calo dei prezzi del petrolio. I consumi salgono dell'1,9%, frenando rispetto al +4,4% del quarto trimestre. ''Ci attendiamo una ripresa nel secondo trimestre, simile a quella osservata lo scorso anno'' affermano gli economisti, sottolineando pero' che non tutti i fattori dietro al rallentamento sono temporanei. Il dollaro forte e i prezzi del petrolio in calo stanno infatti assumendo una dimensione stabile e non temporanea, con effetti sull'economia. Il caro-dollaro penalizza infatti le esportazioni che, piu' care, calano nel primo trimestre del 7,2%.
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