Mettere una 'toppa', al più presto, per evitare che i conti pubblici vadano a picco. E che sia allo stesso tempo equa, cioè proporzionale e graduale come chiede la Corte Costituzionale. E' questo il rompicapo su cui si sono confrontati nel tardo pomeriggio Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan. Un faccia a faccia, il primo dallo scoppio della 'bomba' della sentenza della Consulta sul mancato adeguamento delle pensioni voluto dal 'Salva Italia', che è servito per fare un punto sulle conseguenze della pronuncia dei giudici costituzionali, che aprirebbe una voragine per le finanze dello Stato, impossibile da fare digerire a Bruxelles. Il rebus delle cifre, su cui si stanno confrontando Ragioneria generale e Inps, ancora non è stato sciolto ufficialmente, ma rimediare allo stop dell'indicizzazione degli assegni sopra tre volte il minimo costerebbe, secondo le stime più accreditate, intorno ai 16 miliardi: tra 9 e 12 per il passato, se si scegliesse di restituire 'tutto a tutti', e poi tra 3,5 e 5 quest'anno (e a regime, anche per gli anni a venire). Un 'salasso' davvero difficile da sostenere - senza contare che per il 2015 ci saranno anche da trovare anche 700 milioni per coprire la bocciatura europea, ormai molto probabile dell'estensione del reverse charge Iva sulla grande distribuzione. Per questo l'esecutivo sta studiando tutti i rimedi possibili per "minimizzare l'impatto sui conti pubblici", come ha ripetuto più volte Padoan. Ma che sia anche 'a prova' di Consulta, cioè che non rischi di incappare in un altro stop. Dal canto suo il presidente della Corte ha precisato che "le sentenze della Corte che dichiarano la illegittimità costituzionale di una norma di legge o di un atto avente forza di legge producono la cessazione di efficacia della norma stessa dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione" - la sentenza da domani sarà quindi operativa. Gli interessati, ha aggiunto la Corte, "possono adottare le iniziative che reputano necessarie e gli organi politici, ove lo ritengano, possono adottare i provvedimenti del caso nelle forme costituzionali". E che sarà messo in campo un provvedimento (probabilmente un decreto) è quasi scontato. Meno scontata, ad oggi, resta la soluzione: tra le ipotesi sul tavolo resta quella di un intervento graduale nel tempo (restituendo il pregresso a rate, ad esempio) che ha registrato l'apertura da parte dei sindacati, ma anche quella di modulare i rimborsi, senza assicurarli appieno a tutti (ad esempio fino agli assegni 5-6 volte il minimo). Ipotesi che fa infuriare le opposizioni, a partire dal leader della Lega Matteo Salvini che si dice pronto "da martedì a occupare il Tesoro", contro uno Stato "ladro che ha derubato 6 milioni di persone", mentre il Codacons minaccia una denuncia all'Inps. Ma questa linea trova anche consensi, ed è quella su cui insiste il sottosegretario Enrico Zanetti, che ribadisce che il rimborso a tutti sarebbe "una follia" e propone a sua volta "una soglia di 5mila euro" e di "giocare sul deficit" per reperire le risorse. Questa è una delle possibilità che si sta esplorando (il margine di manovra è attorno ai 7 miliardi, ma rinunciando per intero al famoso 'tesoretto' pro crescita) mentre meno chance avrebbe la suggestione di utilizzare i Bot per i rimborsi (che comunque hanno impatto sul debito). Per "minimizzare" l'impatto però, secondo alcuni esperti di previdenza, ci potrebbe essere anche un'altra via che permetterebbe allo stesso tempo di rispettare la sentenza. Quella di restituire, anche a tutti, solamente il 'buco' aperto dalla norma Monti-Fornero, cioè l'indicizzazione per la parte di importo della pensione fino a 3 volte il minimo, protetta per gli assegni che si fermavano lì. La misura del Salva Italia infatti non toccava le pensioni fino a 3 volte il minimo ma per chi superava questa soglia bloccava l'intero l'adeguamento, non solamente la parte eccedente.