E' la Trevi di Cesena l'azienda italiana a cui spetterà il compito di mettere in sicurezza e "sistemare" la diga di Mosul, in passato chiamata diga di Saddam. Nato in Emilia nel 1957, il gruppo è adesso attivo in oltre 80 Paesi con 30 filiali, con le sue quattro divisioni principali: Trevi, per servizi nell'ingegneria del sottosuolo; Petreven, attiva nella perforazione petrolifera; Soilmec, per macchinari e impianti di ingegneria del sottosuolo; e Drillmec, che produce impianti per perforazioni (petrolio, gas e acqua).
La Capogruppo e' Trevi Finanziaria, quotata a Milano dal luglio del 1999, che ha chiuso il 2014 con ricavi per 1,25 miliardi di euro ed un utile netto di 24,4 milioni. Nei primi nove mesi del 2105, i ricavi sono stati pari a 956 milioni, per una perdita di 131,4 milioni di euro.
Il "rapporto" fra Trevi e Iraq parte da lontano. Nel 2008, con Drillmec siglò un accordo con Iraqi Drilling Company per la fornitura di 6 impianti per la perforazione, per un valore di oltre 100 milioni di dollari. E nell'autunno del 2011, la società di Cesena era stata molto vicina alla conquista dell'appalto della diga di Mosul, che però secondo alcune indiscrezioni di stampa sarebbe poi sfumato. Nel novembre di quell'anno, Trevi spiegò in una nota che "una aggiudicazione legalmente valida e definitiva da parte degli organi governativi iracheni competenti non è ancora avvenuta" con il processo di negoziazione "da ritenersi ancora in atto".
E' solo quattro anni dopo che il nome di Trevi rispunta nel contesto iracheno, quando gli Usa fanno sapere il loro apprezzamento per la disponibilità manifestata dal gruppo di Cesena per il consolidamento della diga di Mosul, attualmente pericolante e a costante rischio di crolli. Un consolidamento che ora potrà avvenire con l'ausilio dei 450 militari italiani in partenza nei prossimi giorni.
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