Coprire l'eventuale ammanco non sostenuto dal mercato nell'aumento di capitale del Monte Paschi di Siena, avere a disposizione uno strumento anche per altre situazioni di crisi, sanare il groviglio delle popolari e recuperare quelle norme accantonate nell'iter della manovra. Il decreto 'omnibus' sulle banche sarebbe pronto nelle sue linee essenziali grazie anche a un accordo di massima con le autorità Ue. Ma ci sono modalità tecniche ancora da definire e non si tratta di dettagli di poco conto: a seconda dello strumento usato, infatti, si avrà una perdita più o meno pesante per gli azionisti e investitori del Monte, un elemento non secondario visto il clima politico che, dopo la scadenza referendaria, guarda già alle prossime elezioni.
Anche per le vicende politiche e di formazione del governo, in rapida e fluida evoluzione, la tempistica del provvedimento non è ancora chiara. Teoricamente c'era tempo fino a fine anno anche perché al Tesoro e nel governo dimissionario si è creduto fino all'ultimo al successo della soluzione di mercato o quanto meno nel far sostenere ai privati la maggior parte del peso della ricapitalizzazione. Ma ora, dopo lo stop della vigilanza Bce un intervento appare inevitabile.
Al vaglio quindi ci sono varie opzioni: dall'acquisto di subordinati da parte dello Stato con un occhio di riguardo per il retail, sfruttando un'apertura in tal senso da parte di Bruxelles sugli schemi di compensazione; un intervento sui crediti deteriorati per evitarne la cessione a prezzi troppo bassi, come anche auspicato nei mesi scorsi dalla Bce, infine una ricapitalizzazione attraverso un prestito oneroso di strumenti finanziari calcolabili ai fini del capitale. Strumenti utilizzabili anche in altre situazioni di crisi, da Carige alle due venete.
Ma il provvedimento appunto non sarebbe solo incentrato sulle situazioni di crisi. Il decreto recupererebbe le norme, stralciate dalla manovra ma volute sia dalle banche che dal Tesoro, che consentirebbero l'ammortizzazione in più anni dei contributi al fondo di risoluzione per il 'conguaglio' del salvataggio delle 4 banche. Si renderebbe possibile anche l'utilizzo delle imposte differite attive (Dta) per le Bcc e si scioglierebbe il nodo gordiano delle popolari. Le ultime due rimaste non ancora trasformate in spa (Bari e Sondrio) hanno le assemblee convocate per dicembre. Ma dopo l'ordinanza del Consiglio di Stato, che ha sospeso il regolamento della Banca d'Italia rimandando alla Consulta le norme sul diritto di recesso, si potrebbe pensare a un rinvio della scadenza della riforma o ad alzare la soglia da 8 a 30 miliardi per l'obbligo di trasformazione in Spa. Soglia decisa un anno fa in deroga alle norme Ue e sulla quale si attende una pronuncia della Consulta dopo l'udienza del 19 ottobre. Se fosse modificata la soglia i due istituti non rientrerebbero nell'obbligo di trasformarsi in Spa.
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