Salta il 'matrimonio' tra Deutsche Bank e Commerzbank. A quasi sei settimane dall'inizio delle trattative che avrebbero portato alla nascita seconda banca più grande nell'Eurozona (la prima sarebbe rimasta Bnp Paribas), con asset per 1.900 miliardi di euro, 845 miliardi di euro di depositi, oltre 2.500 filiali e 141.000 addetti, i due istituti di credito hanno comunicato che i negoziati per la fusione si sono conclusi in maniera negativa. L'operazione, è stato spiegato, non porterebbe benefici sufficienti a controbilanciare i rischi di esecuzione, i costi di ristrutturazione e le necessità di capitale legati a una fusione di tali dimensioni. Lo scoglio principale, riferisce la stampa tedesca, sarebbe stato rappresentato dalla necessità di un'iniezione di capitale fresco per 10 miliardi di euro, alla quale alcuni importanti azionisti avrebbero detto no. Per il Ceo di Deutsche, Christian Sewing, parla di una "opportunità storica" che è sfumata, con un matrimonio che avrebbe fatto star meglio i due istituti: "sono sorpreso dalla resistenza di clienti,dipendenti e di alcuni azionisti", ha ammesso. Sembra invece sollevato il numero uno di Commerz, Martin Zielke.
"Ora dopo anni di rumors su una fusione, c'è finalmente una decisione - afferma - Ora, prendiamo nota di questo atto di chiarezza e guardiamo avanti. Ora stiamo crescendo da soli e abbiamo una strategia funzionante" L' ipotesi di fusione tra tra Deutsche Bank e Commerzbank - di cui il Tesoro tedesco è il maggiore era azionista, detenendo il 15% delle azioni - ha diviso la politica in Germania. Il ministro delle Finanze Olaf Scholz (Spd) ha spinto non poco per l'unione tra le due banche che, è stato più volte sottolineato dai socialdemocratici favorevoli all'operazione ed all'intervento del governo nel settore bancario. Una volontà in controtendenza con la politica attuata nel precedente esecutivo da Wolfgang Schaeuble che puntava ad evitare l'ingresso di grandi operatori esteri. In più l'ipotesi avrebbe consentito la creazione di un colosso bancario tedesco in grado di competere con le altre grandi banche europee. Per la cronaca, nessuno dei due Istituti di credito in ballo per la fusione versa in ottime acque; anche se Deutsche Bank si attende di chiudere il primo trimestre dell'anno con un utile di circa 200 milioni di euro e ricavi per circa 6,4 miliardi di euro, inclusi 3,3 miliardi di euro generati dalla divisione di Corporate and investment banking. D'altra parte, se Angela Merkel si lava le mani della questione facendo sapere che lo stop alla fusione "è una decisione di business assunta dalle società interessate", il ministro dell'Economia Peter Altmaier, un 'pretoriano' della Cancelliera, ed altri esponenti di punta della Cdu nelle scorse settimane non hanno mancato di manifestare perplessità rispetto all'operazione. Gli ostacoli sul cammino verso le nozze, comunque, non erano pochi, e non erano mancati gli allarmi dei sindacati, impauriti dalla prospettiva di un matrimonio con 30mila esuberi, e delle autorità di vigilanza. A questo punto, alla Germania serve un piano B, ed un partner valido per Deutsche Bank. La prima banca tedesca fa sapere che continuerà a "esaminare tutte le alternative per migliorare la redditività nel lungo termine e il ritorno per gli azionisti".
Alle viste potrebbe esserci una partnership tra Dws, la divisione asset management, con l'analogo comparto di UBS; tutto, però, passa per una ulteriore ristrutturazione interna. Nel frattempo, Commerzbank, che è la seconda banca della Germania, potrebbe tornare nel mirino dei grandi istituti esteri, tra cui l'italiana Unicredit: qualche giorno fa erano trapelate indiscrezioni su un'entrata in scena dell'istituto, guidato da Jean Pierre Mustier, con l'idea di fondere Commerzbank con Hypovereinsbank (Hvb) la banca tedesca già controllata dal gruppo italiano e fortemente radicata nel ricco sud della Germania. Nei giorni scorsi il Financial Times aveva sostenuto che Unicredit avrebbe potuto fare un'offerta multimiliardaria per Comemrz nel caso in cui fossero saltate le trattative con Deutsche e l'istituto italiano ha mantenuto sul punto un deciso silenzio, non commentando l'ipotesi. Ma i pretendenti potrebbero essere anche altri e tra i nomi circolati ci sarebbero anche Ing, BNP Paribas e Santander.
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